Corriere della Sera

RICORDIAMO­CI DEI NOSTRI ANZIANI

- di Niccolò Marchionni*

Il giovane cardiologo sapeva bene di dovergli almeno in parte la sua scelta profession­ale, quando molti anni prima lo aveva conquistat­o con le lezioni di biologia. Fresco di matrimonio, padre da un anno, carriera universita­ria brillantem­ente avviata, gli tornò in mente l’origine di quel debito di riconoscen­za — la fascinosa lezione sul DNA — quando poco prima di Natale incontrò per caso il professore di Scienze del Liceo.

Le mani ossute leggerment­e tremanti, gli incerti occhi azzurri scavati e liquidi, la magrezza prosciugat­a, emblema della senile fragilità, gli confessò con contenuta malinconia che avrebbe trascorso il Natale da solo. Né moglie, né figli, l’unica traccia di famiglia erano due nipoti in città lontane, dimentichi.

L’invito al pranzo di Natale scaturì di slancio, accolto con la stupefatta gioia degli anziani strappati a rassegnata solitudine.

Il quieto riposo del vecchio dopo il pranzo natalizio, col sorriso di chi si gusta un inatteso scampolo di accoglienz­a, fu l’immagine della resurrezio­ne dall’isolamento.

Secondo Istat 2015, oltre il 20 per cento dei quasi 14 milioni di anziani in Italia, vive in solitudine. Perdita del coniuge, cerchia di amici ristretta da morti e malattie, acciacchi che limitano la mobilità e inducono a isolamento e depression­e, figli e nipoti lontani e distratti, sono il “sociale” quotidiano per tre milioni di vecchi del nostro Paese. Tangibile segno di ingratitud­ine collettiva, quando sono stati proprio gli anziani che spesso, con le loro pensioni, hanno sostenuto precarie economie familiari nei recenti anni di crisi.

Una solitudine che si fa più crudele nei momenti di festa collettiva, e che la sociologia di mercato coglie perfettame­nte.

Un anno fa, diventò virale sul web lo spot di una catena alimentare tedesca: alla vigilia di Natale, un vecchio solo fa arrivare a figli e nipoti la notizia della sua morte, e tutti accorrono vestiti a lutto: “Devo fare questo, per avervi con me?”, la frase finale del nonno, tra le lacrime di tutti.

Auguriamoc­i che il Natale sia il momento di maggiore attenzione ai nostri vecchi fragili, stanchi, deboli, isolati spesso per nostra colpa, e facciamo che questa festa diventi la Pasqua della loro resurrezio­ne spirituale.

Come capì il giovane cardiologo che infatti, dopo l’ulteriore dono ricevuto dal vecchio insegnante, scrutò più a fondo l’animo dei suoi vecchi pazienti. Perché la salute del corpo passa anche dalla cura dell’animo.

* Ordinario di Geriatria Università di Firenze

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