La lunga partita per salvare Siena Via al confronto tra la Germania e l’Europa
Non ha creato sorpresa né fastidio nella Commissione Ue ieri l’ultimo intervento da Berlino sulle vicende del Monte dei Paschi. Un portavoce del ministero delle Finanze ha chiesto che da Bruxelles si controlli con attenzione «che le autorità italiane si attengano alle regole europee» nell’immettere capitale pubblico nella banca di Siena. Com’è noto infatti la «Bank Recovery and Resolution Directive» (Brrd) limita e vincola il ricorso agli aiuti di Stato negli istituti di credito con una severità che, in precedenza, non è stata praticata in nessuna delle decine di crisi bancarie in Paesi avanzati o emergenti nell’ultimo quarto di secolo.
Non ha creato fastidio a Bruxelles il richiamo di Berlino, perché la Commissione Ue ha individuato una clausola (la «ricapitalizzazione precauzionale») che evita molte delle conseguenze traumatiche previste dalla Brrd per i risparmiatori. Alcuni nel Palazzo Berlaymont, che ospita l’amministrazione guidata da Jean-Claude Juncker, vi hanno letto persino un incoraggiamento dalla Germania ad andare avanti.
Resta però una tensione di fondo, che mette alla prova la tenuta politica dell’area euro. In Germania è sempre più radicata la diffidenza verso quella che è vista come la tendenza italiana a violare le regole. In Italia lo è altrettanto la percezione che la Germania usi quelle stesse regole in modo opportunistico. I responsabili tedeschi che nella prima metà del 2013 erano occupatissimi a immettere capitale pubblico nelle banche nel proprio Paese, senza un euro di sacrificio per i creditori e i risparmiatori, due mesi dopo avevano già cambiato atteggiamento. Messa in sicurezza senza strappi né colpi agli investitori l’ultima azienda finanziaria barcollante in Germania nel maggio 2013, dispiegando 238,9 miliardi fra il 2008 e il 2014 (secondo Eurostat), il governo di Berlino ha iniziato a predicare che i salvataggi pubblici europei avrebbero dovuto essere diversi. I detentori di obbligazioni e depositi andavano colpiti severamente, in modo che partecipassero delle perdite. Non solo: a differenza che in qualunque salvataggio mai praticato in qualunque Paese occidentale negli ultimi decenni, per accedere a qualunque aiuto di Stato una banca avrebbe dovuto affrontare una procedura fallimentare (a meno delle eccezioni che ora si applicano a Mps).
Nel maggio 2013 parte il salvataggio (con piena tutela dei creditori) nell’ultima banca tedesca in crisi, Hsh. Nel luglio di quell’anno la Commissione Ue pubblica all’improvviso la «comunicazione» che, di fatto, cambia in modo retroattivo la natura delle obbligazioni già vendute al pubblico e agli investitori. Da allora un intervento dello Stato sarebbe potuto arrivare solo dopo una robusta sforbiciata sul valore di quei titoli. Chi li aveva comprati ne ha visto cambiare per legge il livello di rischio, e cadere il prezzo, senza essere mai stato avvertito prima. Quindi nel 2014 tutti i governi dell’Ue — incluso quello di Matteo Renzi — rendono questi vincoli ancora più severi per tutti gli obbligazionisti e i depositanti approvando la Brrd.
È corretto che i creditori si facciano carico di parte delle perdite di una banca che va salvata con risorse dei contribuenti. Ma questo può valere solo per obbligazioni emesse dopo che le nuove regole siano entrate in vigore, in modo che chi le compra conosca e accetti i rischi. Cambiare retroattivamente la natura di un contratto finanziario è il modo migliore per generare sfiducia nell’economia e avversione verso l’Europa. Difficilmente l’area euro ritroverà un equilibrio, finché Italia e Germania non si capiscono su questo punto di fondo.
Contratti finanziari e fiducia Cambiare retroattivamente la natura dei contratti finanziari, come ha fatto l’Europa con le banche, genera sfiducia