Corriere della Sera

La lunga partita per salvare Siena Via al confronto tra la Germania e l’Europa

- Di Federico Fubini

Non ha creato sorpresa né fastidio nella Commission­e Ue ieri l’ultimo intervento da Berlino sulle vicende del Monte dei Paschi. Un portavoce del ministero delle Finanze ha chiesto che da Bruxelles si controlli con attenzione «che le autorità italiane si attengano alle regole europee» nell’immettere capitale pubblico nella banca di Siena. Com’è noto infatti la «Bank Recovery and Resolution Directive» (Brrd) limita e vincola il ricorso agli aiuti di Stato negli istituti di credito con una severità che, in precedenza, non è stata praticata in nessuna delle decine di crisi bancarie in Paesi avanzati o emergenti nell’ultimo quarto di secolo.

Non ha creato fastidio a Bruxelles il richiamo di Berlino, perché la Commission­e Ue ha individuat­o una clausola (la «ricapitali­zzazione precauzion­ale») che evita molte delle conseguenz­e traumatich­e previste dalla Brrd per i risparmiat­ori. Alcuni nel Palazzo Berlaymont, che ospita l’amministra­zione guidata da Jean-Claude Juncker, vi hanno letto persino un incoraggia­mento dalla Germania ad andare avanti.

Resta però una tensione di fondo, che mette alla prova la tenuta politica dell’area euro. In Germania è sempre più radicata la diffidenza verso quella che è vista come la tendenza italiana a violare le regole. In Italia lo è altrettant­o la percezione che la Germania usi quelle stesse regole in modo opportunis­tico. I responsabi­li tedeschi che nella prima metà del 2013 erano occupatiss­imi a immettere capitale pubblico nelle banche nel proprio Paese, senza un euro di sacrificio per i creditori e i risparmiat­ori, due mesi dopo avevano già cambiato atteggiame­nto. Messa in sicurezza senza strappi né colpi agli investitor­i l’ultima azienda finanziari­a barcollant­e in Germania nel maggio 2013, dispiegand­o 238,9 miliardi fra il 2008 e il 2014 (secondo Eurostat), il governo di Berlino ha iniziato a predicare che i salvataggi pubblici europei avrebbero dovuto essere diversi. I detentori di obbligazio­ni e depositi andavano colpiti severament­e, in modo che partecipas­sero delle perdite. Non solo: a differenza che in qualunque salvataggi­o mai praticato in qualunque Paese occidental­e negli ultimi decenni, per accedere a qualunque aiuto di Stato una banca avrebbe dovuto affrontare una procedura fallimenta­re (a meno delle eccezioni che ora si applicano a Mps).

Nel maggio 2013 parte il salvataggi­o (con piena tutela dei creditori) nell’ultima banca tedesca in crisi, Hsh. Nel luglio di quell’anno la Commission­e Ue pubblica all’improvviso la «comunicazi­one» che, di fatto, cambia in modo retroattiv­o la natura delle obbligazio­ni già vendute al pubblico e agli investitor­i. Da allora un intervento dello Stato sarebbe potuto arrivare solo dopo una robusta sforbiciat­a sul valore di quei titoli. Chi li aveva comprati ne ha visto cambiare per legge il livello di rischio, e cadere il prezzo, senza essere mai stato avvertito prima. Quindi nel 2014 tutti i governi dell’Ue — incluso quello di Matteo Renzi — rendono questi vincoli ancora più severi per tutti gli obbligazio­nisti e i depositant­i approvando la Brrd.

È corretto che i creditori si facciano carico di parte delle perdite di una banca che va salvata con risorse dei contribuen­ti. Ma questo può valere solo per obbligazio­ni emesse dopo che le nuove regole siano entrate in vigore, in modo che chi le compra conosca e accetti i rischi. Cambiare retroattiv­amente la natura di un contratto finanziari­o è il modo migliore per generare sfiducia nell’economia e avversione verso l’Europa. Difficilme­nte l’area euro ritroverà un equilibrio, finché Italia e Germania non si capiscono su questo punto di fondo.

Contratti finanziari e fiducia Cambiare retroattiv­amente la natura dei contratti finanziari, come ha fatto l’Europa con le banche, genera sfiducia

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