«In tanti come Monorchio» Caos bracciali elettronici, oltre un mese l’attesa in cella
L’ultimo caso è quello di Giandomenico Monorchio. Ma sono centinaia, se non migliaia, le persone sottoposte a procedimento giudiziario che avrebbero potuto avere la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari e invece sono rimaste dietro le sbarre. Già, perché da anni i 2.000 braccialetti elettronici ordinati dal ministero dell’Interno sono insufficienti e la lista d’attesa si è allungata, fino ad arrivare, pare, a migliaia di persone. Con un’attesa stimata di un mese e mezzo.
Il «pare» non è un’imprecisione del cronista, ma un dato ignoto anche ai ministeri dell’Interno e della Giustizia. La stima è del Sappe, il sindacato penitenziario di polizia. Potrebbe essere per eccesso, ma è difficile verificare. La lista è in mano a Telecom, a cui fu affidato nel 2003 l’appalto (senza gara). È dunque una compagnia telefonica ad avere in mano — gestendo una lista cronologica sulla base delle richieste dei gip — la libertà di qualche centinaio di persone. Da giugno, e anche questo è ignoto ai più, probabilmente non sarà più così.
Già, perché il 6 dicembre, due giorni dopo il big bang referendario, con il governo dimissionario, è stato finalmente pubblicato il bando di gara per la fornitura dei nuovi apparecchi. Bando sollecitato per mesi ad Alfano dal ministero della Giustizia. E che ora prevede per i prossimi 27 mesi «l’attivazione mensile di 1.000 apparecchi», con un «surplus» possibile del 20 per cento. I 2.000 braccialetti a disposizione finora, specificano dal Viminale, «sono stati utilizzati in questi anni per 9.000 detenuti, per un totale di 1 milione e 900 mila giorni». E da giugno? L’«attivazione mensile» di 1.000 apparecchi, formula non chiarissima, Il braccialetto elettronico è indossato (anche come cavigliera) dal detenuto agli arresti domiciliari. Il dispositivo emette onde radio verso una centralina o segreteria telefonica sistemata in casa, quindi trasmette il segnale alla centrale operativa più vicina basterà a soddisfare la lista d’attesa? Comunque sia, il termine per le offerte scadrà il 2 febbraio. Poi, con il criterio della «offerta economicamente più vantaggiosa», sarà scelta l’azienda. E, se tutto va bene, da giugno saranno disponibili i nuovi 1.000 apparecchi «mensili».
Fine, forse, di una vicenda paradossale. Perché, nonostante fossero operativi dal 2005, i 2.000 braccialetti (dai costi stellari, dei quali solo 200 con Gps) sono stati praticamente inutilizzati. Nel 2014, ne erano attivi solo 55 in otto uffici giudiziari. Perché? La risposta è in una lettera scritta allora da una gip di Torino, Se la persona si allontana la centralina cessa il segnale e scatta l’allarme. Il raggio d’azione è superiore a 100 metri Alessandra Bassi, e da un sostituto procuratore di Firenze, Christine von Borries. Sono loro a spiegare ai colleghi ignari che possono chiamare Telecom per installare le centraline. Da allora, anche in seguito ai provvedimenti che ne incentivano l’utilizzo, è il boom. Con i gip che si trovano di fronte a un dilemma, con relativo contrasto di orientamenti giurisprudenziali: da una parte c’è chi dirotta in carcere gli imputati in mancanza di braccialetto (che poi è una cavigliera), dall’altra chi sostiene che non sia colpa degli imputati la carenza e che quindi debbano andare ai domiciliari. Le sezioni unite della Cassazione intervengono e lasciano ai magistrati l’onere di valutare, caso per caso. «Sentenza pilatesca — la definisce Riccardo Polidoro, dell’osservatorio carceri per le Camere Penali —. Se si vuole davvero risolvere il problema del sovraffollamento, i braccialetti sono fondamentali». mila È il numero dei braccialetti elettronici attualmente a disposizione del Viminale per i detenuti a cui è concessa la detenzione domiciliare