Il piano del Viminale: treni e stazioni, più controlli
Controlli rafforzati, soprattutto sui treni e nelle stazioni. Perquisizioni e attività investigativa. E un certo fastidio per quel ditino puntato verso le nostre forze dell’ordine dalla Germania: che lascia filtrare di aver avvertito l’Italia già sette mesi fa del fatto che Anis Amri era un jihadista pericoloso. Al Viminale, mentre si intensifica la caccia al giro di amicizie del presunto attentatore del mercatino di Natale, sale l’irritazione. Il risalto dato a quelle rivelazioni sull’alert lanciato alla nostra Digos viene letto come il tentativo di scaricare altrove errori compiuti a Berlino. Perché mentre si lanciavano allarmi internazionali Amri ha potuto agire indisturbato e fuggire in Italia dove, per altro, si rimarca al Viminale, il tunisino è stato fermato dai nostri agenti, risolvendo (tragicamente, con la morte del ragazzo) un serio problema alle forze di polizia tedesche che ne avevano perso le tracce? Lo dice, chiaro, il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi: «Cosa significa che la polizia tedesca ci aveva segnalato a maggio che Anis Amri era pericoloso? Ce l’avevano a casa loro. Sette mesi fa era in Germania. E le autorità tedesche sapevano che era pericoloso perché l’Italia glielo aveva segnalato già un anno prima, a giugnoluglio 2015. Tanto è vero che stavano preparandosi ad espellerlo. Grazie dell’avvertimento, ma noi lo sapevamo. Erano loro, che ce l’avevano sul proprio territorio, a dover agire». Quanto alle segnalazioni su avvistamenti del tunisino in Italia prima e dopo l’attentato il Viminale è piuttosto scettico. Dal 19 dicembre in poi non si contano più le persone che credono di aver visto Anis Amri. E costringono a verifiche. Distogliendo forze alla pista delle coperture italiane e internazionali, sulle quali Amri contava per fare forse come Salah Abdeslam. Fingersi martire e invece sparire. Pista che promette una svolta. Intanto si intensificano le misure di sicurezza anti-attentati. «C’è una forte preoccupazione razionale, non una fobia», spiega Stucchi. «Ciò che è accaduto trasforma softtarget in hard-target. Ma la paura non deve bloccare il divertimento. Io stesso farò Capodanno in piazza».