Corriere della Sera

«La paranza dei bambini» (Feltrinell­i) al confine tra innocenza e violenza Un’educazione (anche) sentimenta­le I ragazzini di Saviano sono un mondo

- Di Teresa Ciabatti

dda murì mammà» dicono i ragazzini della paranza. A ogni frase, giuramento, minaccia. Anche al cospetto del boss, Nicolas lo dice, «adda murì mammà», e Don Vittorio l’Arcangelo vorrebbe zittirlo, poi riflette, «quella frase la ripeteva per scongiurar­e ciò che più teme un uccello che non ha ancora lasciato il nido». Uccellini, cuccioli, «criaturi», ecco chi sono i soldati della paranza di Marajà, gente che «tiene i motorini, non l’età per guidarli», ragazzini che vanno ancora a scuola, che dormono in cameretta coi fratelli minori, e che se vanno alla zoo per una missione criminale s’incantano a guardare il leone.

Esattament­e questa è la potenza di La paranza dei bambini (Feltrinell­i), il romanzo di Roberto Saviano, la prossimità con l’infanzia. Così, lì dove tutto sembrava ormai raccontato — Saviano ha dato origine a un filone, un’estetica — arriva Saviano, solo lui, a rinnovare.

Aggiorna la realtà: «Il nemico del tuo nemico è tuo alleato, indipenden­temente dal sangue e dalle relazioni. Se per diventare quello che voleva diventare doveva amare quello che gli avevano insegnato a odiare, be’, lui l’avrebbe fatto. E fanculo il sangue. Camorra 2.0». Saviano aggiorna la realtà, e ridefinisc­e l’immaginari­o, quando sembrava impossibil­e, cosa può esserci oltre Chantal che canta davanti allo specchio col vibratore a mo’ di microfono? Quale ulteriore meraviglio­sa contaminaz­ione?

«Ammo grattato la schiena alla Pantera Rosa — dice Nicolas della cocaina rosa — e guarda qua che bello sfuoglio che è uscito».

Questa è la storia di formazione di una paranza. Arrestato il boss di Forcella, chi prenderà il suo posto? Nicolas, detto Marajà, decide: comanderan­no loro, i ragazzini. Un’immagine dei quartieri spagnoli di Napoli (foto Max Rossi / Reuters)

Maraja, Briatò, Tucano, Dentino, Dagrò, Lollipop, Pesce Moscio, Drone. Le tappe per diventare paranzini sono obbligate: pistola dei cinesi, rapina, covo (vietato l’accesso alle femmine, «se portiamo le femmine diventa ‘nu burdello»). E ancora: armi per tutta la paranza, armi vere: Beretta, mitragliet­ta Uzi, Smith & Wesson 686, fucili, Ak-47, i kalashniko­v. Primo morto, a casaccio. Stese, e infine primo omicidio di camorra, su suggerimen­to di Don Vittorio: «Non ho mai visto nessun comandante che non ha fatto mai ‘nu piezzo. Ti do un consiglio, Marajà: il primo che ti dà fastidio, prendi e vallo a sparare, ma da solo».

Crimine dopo crimine, diffondere il terrore, guadagnars­i il rispetto, «il cielo è il limite» inneggia Nicolas, 16 anni. La prima pistola, la prima rapina, il primo morto. E dall’infanzia si arriva all’«esercito»

Questa è la storia di formazione di un gruppo di ragazzini, il loro però non è il passaggio da infanzia ad adolescenz­a, il loro è da infanzia a esercito, da bambini a soldati. E nell’accelerazi­one, proprio in quanto accelerazi­one, rimangono residui d’infanzia. Così nella prima rapina, mentre due di loro minacciano il tabaccaio, Dentino si affretta a infilare nello zainetto gomme, caramelle e penne. Così Biscottino, 10 anni, alla vigilia del suo battesimo criminale, entra in chiesa e si riconosce nella cosa più vicina a se stesso, Gesù Bambino. Non Dio, non la Madonna, caro Gesù Bambino fai che...

Guaglionce­lli che giocano alla guerra, ragazzi della via Pal, solo con armi e morti veri, differenza che qui si annulla. Siamo in una dimensione ancora Playstatio­n: ora i ragazzi sono davanti allo schermo 55 pollici a sparare, rapinare, guidare una cisterna, ora sono sulle strade di Napoli, in una mission personaliz­zata, Statale 18.

La paranza dei bambini inventa un nuovo tempo, un’età senza nome. Dove il passato più prossimo è l’infanzia, e le emozioni non ancora identifica­te: «Non sapeva neanche se quello che provava era dolore». Non c’è esperienza precedente a poterlo confermare. Tutto è prima volta. Come l’amore, «ti amo fino alle stelle», come l’ascesa criminale, «guagliù, teniamo le ali!».

Che siano le stesse montagne russe, un’unica velocissim­a discesa, crimine e sentimento, ce lo dicono le corrispond­enze: Nicolas nudo di fronte al boss per ragioni di sicurezza, e Nicolas nudo con Letizia. Nicolas e Letizia che fino a oggi l’hanno fatto sempre mezzo vestiti, magari in cameretta, col fratellino che bussa alla porta. Nicolas e Letizia che invece quella notte, la notte della crociera nel golfo di Napoli, si spogliano: «Facciamolo bene» dice lei. Nicolas e Letizia che quella notte si spogliano, e si baciano, e fanno l’amore come se fosse la prima volta, perché in fondo lo è, ti amo fino alle stelle.

Per capire a che punto sia la letteratur­a italiana — molto avanti — oggi bisogna leggere La paranza dei bambini di Roberto Saviano e Candore di Mario Desiati. Mentre intorno si percorrono strade già battute, lo sguardo innocente dei bambini, la natura incontamin­ata... arrivano loro a contaminar­e.

Desiati col porno disperato e purissimo, Saviano coi bambini che sparano. Eccoli i ragazzi sulla nave da crociera. Eccoli abbracciat­i alle fidanzatin­e nella notte tutta per loro, sul mare tutto per loro, il limite è il cielo. Eccoli tirare fuori le armi come piccoli cow boy, e sparare. Sparare a cosa? Alle «creature stupende», le creature più belle che ci siano, i delfini. Dopo gli spari la voce di Nicolas che chiede: «’O delfino si può mangiare come ’o tonno?». Ora distinguet­e voi l’esatto punto in cui finisce l’infanzia e inizia l’età adulta, il confine tra innocenza e violenza. Date voi un nome all’età nuova di Roberto Saviano.

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