Doppio Fassbender
«Dalla fantascienza ai film d’autore mi piace viaggiare con la mente I social? Non li uso, voglio privacy»
Considerato da Hollywood il miglior attore della sua generazione, Michael Fassbender è l’eroe di saghe spettacolari e protagonista tormentato di film d’autore. Macbeth per coloro che sempre rileggono Shakespeare e l’inquietante interprete di titoli eccellenti (da Hunger e Shame a 12 anni schiavo). Il divo tedesco-irlandese chiude in America l’anno con Assassins’s Creed da uno dei più popolari videogiochi e si appresta in Alien Covenant di Ridley Scott a diventare per tutti l’androide David.
Doppio Fassbender. Ha voluto essere produttore di Assassin’s Creed (diretto da Justin Kurzel) ed entrare nei panni del muscoloso Callum Lynch, il quale nel film dal videogioco grazie a una tecnologia rivoluzionaria si sdoppia andando dal presente al passato: dal suo condannato a morte Callum al misterioso Aguilar, un suo antenato nel XV Secolo al tempo dell’Inquisizione spagnola, con l’ambizione di diventare un agente segreto.
Ride Fassbender: «Chi non ama i personaggi come 007? Anche a me è sempre piaciuto, ma alla soglia dei 40 anni (ogni giorno mi ripeto che sto invecchiando), ho ormai altre ambizioni. Penso, inoltre, che il prossimo 007 dovrebbe essere una donna o un afroamericano».
Conta in futuro di diventare sempre il produttore dei suoi film?
«Non credo, ma questa è stata una grande esperienza per me. Mi affascinava il tema della memoria, di come l’uomo può gestire i suoi ricordi, modificarli, plasmarli».
Sembra destinato a diventare un supereroe...
«Il cinema delle nuove tecnologie offre ruoli capaci di soddisfare alcune tue esigenze: continuerò a interpretare film indipendenti, come Frank in cui recitavo con una maschera, pellicole romantiche e drammatiche. In tutto mi stimolano la diversità».
Prediletto dal pubblico femminile, lei vuole difendere la sua vita privata. È arduo stare sempre sotto i riflettori?
«Non lo sono: abito nella zona Est di Londra, conduco un’esistenza anonima e non sento la necessità di svelare la mia vita e di parlare del mio legame con Alicia Vikander sui social. C’è chi si sveglia al mattino e si racconta su Facebook e comunica con Twitter, io vado a comperare i giornali e a prendere un caffè».
Ha recitato per Tarantino, McQueen, Cronenberg, Ridley Scott. Con quali registi vorrebbe lavorare?
«Premetto: ho avuto timore anche io dei viscidi mostri del nuovo Alien! Sono tanti i regi- sti dai quali vorrei essere scelto, a cominciare da Paul Thomas Anderson e sempre e ancora da Danny Boyle e, naturalmente, Tarantino. Lo stimo non solo quando è dietro la cinepresa. È un uomo curioso di tutto, un pozzo di informazioni e il cinema è una sua ragione di esistere».
Cos’è invece il cinema per lei?
«Ero un ragazzo con molte incertezze e velleità, anche musicali: iscrivermi a un corso di recitazione a Londra mi aprì le porte del mondo e il cinema mi ha offerto la possibilità di viaggiare, di entrare in culture che non mi appartenevano. Per me è un modo di comunicare emozioni e pensieri e di riceverne altrettanti».
Prima di «Assassin’s Creed» aveva dimestichezza con il mondo dei videogiochi?
«No, non sentivo affatto il bisogno di distrarmi in questo modo. Preferisco andare a pescare,
La fidanzata Non sento la necessità di svelare su Facebook la mia vita e di parlare di Alicia Vikander
in motocicletta, al pub con gli amici. Ora capisco, comunque, perché l’eclettico mondo dei videogiochi possa diventare uno stimolo per tanti».
Vuole fare un esempio?
«“Assassin’s Creed” mi ha aiutato a studiare il processo della memoria. Cosa saremmo senza il passato, i ricordi? Questa era la domanda che spesso mi ponevo interpretando i miei due personaggi. Ho fatto una lunga preparazione psicologica e fisica, anche di arti marziali, per il film, che non mi era stato necessario per Magneto di X-Men. Ne sono uscito più forte in tutti i sensi. Ho la tendenza a privilegiare “i movimenti” del mio cervello più di quelli, diciamo, fisici».