Siani: la mia comicità napoletana contro i boss di «Gomorra»
«Se c’è Gomorra, dev’esserci anche Benvenuti al Sud. Napoli ha mille facce. Esistono tante Napoli diverse. Terrorismo, malaffare, disoccupazione sono ormai questioni internazionali, non solo campane. Il ruolo che teniamo noi è far sorridere, e far apparire i personaggi deprecabili come antieroi»: parole di Alessandro Siani, l’uomo d’oro della commedia italiana, che dopo i binomi Nord-Sud e ricchi-poveri scommette stavolta sul più labile e vagheggiato dei sentimenti umani, la felicità. In Mister felicità, in 600 sale dal primo gennaio prodotto da Cattleya e Rai Cinema, è un «mental coach» disoccupato e imbranato che fa innamorare di sé una campionessa di pattini sul ghiaccio (Elena Cucci) vittima di un blocco mentale all’indomani di una brutta caduta. Del film è anche cosceneggiatore e regista.
Il flop al botteghino delle commedie natalizie non lo spaventa, giura: «La pressione zaloniana non la sento, ma avverto il disagio di un cinema che si sta arrampicando sugli specchi per riportare nelle sale il pubblico in ansia. La rabbia e la rassegnazione investono ormai ogni campo. Non più solo chiacchiericcio da bar, ma infelicità vera, come dimostra la vittoria di Trump. Un voto di protesta. L’antidoto alla crisi è stato girare un film a basso costo: meno spendi, minore è l’affanno per recuperare i soldi investiti». A dare una mano, la presenza nel cast di Diego Abatantuono e Carla Signoris: «Averli accanto è stato come frequentare un master di cinema! Si potrebbe pensare di portare anche Mister felicità a teatro, con compagni così. Quel che ho voluto raccontare è la capacità di rialzarsi e ritrovare la serenità dopo una caduta. Lo so bene io che cado ogni giorno dal letto. Per me la felicità è avere realizzato il sogno di bambino. Definirlo lavoro è troppo. C’è chi si alza alle 6. Chiamiamola passione a tempo indeterminato».
Sul film aleggia lo spirito di Troisi, «ma lui era un poeta. Inarrivabile. Come Totò». Ambientazioni nordiche, l’Alto Adige di Merano, ma è Napoli protagonista, anche attraverso una gang di camorristi che ne combina di tutti i colori. «Vivo ancora a Napoli, non sono un emigrante. Il 16 gennaio per i 30 anni dallo scudetto Maradona interpreterà un testo che ho scritto per raccontare le sue gesta. La parodia della camorra? Hanno iniziato The Jackal. E hanno fatto benissimo. La cosa migliore è mettere in ridicolo certi atteggiamenti».