«Lo stadio della Roma? Il sì arriva se tagliano 200 mila metri quadri»
L’assessore: in periferia Istat e ministero dei Trasporti
Dice Paolo Berdini che lo stadio della Roma è pronto a sbloccarlo subito: «A patto che rispetti le volumetrie riconosciute dal piano regolatore».
Tanto lei sa che a queste condizioni Parnasi e Pallotta non lo faranno mai, vero?
«In 63 mila metri quadrati c’entra eccome uno stadio per il calcio. E c’entrano pure le strutture commerciali. Se è così, va bene, ma non un metro in più».
Ma ci sono sempre le deroghe ai piani regolatori.
«Appunto. Quella delle deroghe per varianti ispirate solo a interessi privati è una storia che deve finire. Un giochetto che ha fatto accumulare 15 miliardi di debiti».
Non c’è una grande città europea dove le squadre non abbiano uno stadio proprio.
«Ben venga lo stadio. Ma loro chiedono di fare a Tor di Valle anche 900 mila metri cubi di uffici e strutture commerciali. E nessuno ricorda che lo stesso soggetto ha chiesto e ottenuto anni fa il cambio di destinazione d’uso da uffici ad abitazioni per 600 mila metri quadrati di terreno edificabile di sua proprietà alla Bufalotta. Nei giorni
Chi è Paolo Berdini, 68 anni, assessore all’urbanistica del Comune di Roma
scorsi è stato perfino nominato un commissario ad acta per attuare quel cambio».
Cosa si aspetta?
«Nel progetto ci sono 200 mila metri quadrati di troppo».
Si mormora che i vertici grillini avessero dato via libera all’operazione e che lei abbia minacciato le dimissioni se avesse prevalso una linea più morbida.
«L’unica verità è che c’è stato un momento in cui sembrava prevalere un atteggiamento più elastico. Ma ora la giunta è compatta nel pretendere il rispetto assoluto del piano regolatore. Basta con le deroghe».
Allora lo dica chiaramente: lo stadio non si fa.
«Si fa, invece. Anche la Roma si convincerà che qui tutti devono stare al rispetto delle regole. Proprio quello che finora qui non c’è stato».
La città è ferma, assessore. Lei passa per essere uno che non vuole far costruire nemmeno un metro cubo.
«Sono contro il consumo sconsiderato del suolo. Roma è una città che ha innanzitutto il problema della rigenerazione e del riuso. Servono migliaia di case popolari, che possono essere in parte realizzate utilizzando le vecchia caserme dismesse al Trullo o al Tiburtino. Ho contato almeno 40 compendi immobiliari pubblici abbandonati per due milioni di metri cubi, che si dovrebbero riutilizzare».
Con cambio di destinazione d’uso. E qui casca l’asino.
«Vero. La variante urbanistica si deve fare quando c’è l’interesse collettivo. E non come ora in 4 anni, ma in tre mesi».
Lei s’impegna a farlo?
«Lo sto già facendo. Vuole un esempio? A Casal Del Marmo c’è un asilo abbandonato e i carabinieri di Ottavia sono sotto sfratto. Andranno nell’asilo: si passa dal degrado al presidio pubblico».
Un piccolo segnale.
«Ma significativo. Stiamo anche rivitalizzando a Pietralata le aree che erano destinate al famoso Sdo. Lì sarà portata la sede dell’Istat, e si sta ragionando