«Un colpo che rafforza chi ci vuole islamizzare Così si torna al passato»
«La Siria è lo specchio della Turchia. E questo attacco conferma quanto i destini dei Paesi siano legati. Ma soprattutto mostra quanto sia spregiudicata la politica estera di Erdogan».
Burhan Sönmez, scrittore turco e autore di Istanbul Istanbul (edizioni Nottetempo) in questi ultimi tre anni ha visto cambiare la sua città e ha vissuto sulla sua pelle la censura del Sultano. Dopo aver preso parte alle rivolte di piazza Taksim, oggi vive tra Cambridge e Istanbul. «Nelle ultime due settimane i leader politici dell’Akp (il partito per la Giustizia e lo Sviluppo ndr) non hanno fatto altro che attaccare chi ha festeggiato il Natale o il Capodanno. Ora, quest’ultimo attentato non fa altro che rafforzare gli obiettivi di chi vuole islamizzare la società», sottolinea al Corriere. Erdogan ha deciso di intervenire in Siria e sembra aver cambiato atteggiamento nei confronti di Putin. Anche questa inversione contribuisce ad alimentare le tensioni? «Assolutamente. Erdogan è un uomo pragmatico. Ma non è una novità. Era molto amico di Assad, ma oggi ha smesso di farsi fotografare con lui. Sosteneva Gheddafi ma poi lo ha abbandonato. Era anti-israeliano, poi ha raggiunto una tregua con Tel Aviv nonostante la questione palestinese. Dava sostegno ai miliziani islamisti di Aleppo e poi li ha abbandonati su richiesta di Putin con cui era ai ferri corti non meno di un anno fa. Il suo segreto è che non sai mai quale sarà la sua posizione tra pochi mesi».
Dopo ogni attacco il governo dichiara che Isis e il terrorismo curdo sono la stessa cosa. Ma è evidente come la questione curda abbia un altro peso per Ankara...
«Trovare una soluzione pacifica al conflitto curdo è la prima mossa se vogliamo avere una Turchia pacifica e stabile. Il secondo passo è la fine della guerra in Siria. Il governo trae beneficio dalle divisioni settarie perché così riesce a fare leva sulla maggioranza sunnita del Paese. E lo fa grazie ai proclami conservatori e nazionalisti. È un corto circuito che va riparato».
Nel suo libro descrive una Istanbul sotterranea, fatta di celle e di oppressione. È una città molto diversa da quella in cui stavano festeggiando le vittime dell’attacco?
«La Turchia sta tornando al passato. Abbiamo avuto periodi di oppressione negli anni 80 e 90. Mentre scrivevo il libro pensavo a quella fase, non credevo che saremmo ripiombati in quel baratro».
Le purghe e gli arresti non si sono mai fermati dal tentato colpo di Stato di luglio. Cambierà qualcosa dopo questo attacco?
«Io non credo, l’obiettivo di Erdogan non è certo una società inclusiva delle differenze o delle minoranze. Ma non è solo un problema politico. Quando l’Akp è andato al potere nel 2002 l’1 per cento della popolazione deteneva il 36 per cento della ricchezza. Dopo quindici anni di governo lo stesso uno per cento possiede oltre la metà. Ecco perché difficilmente le cose miglioreranno».
Le autorità hanno attaccato chi ha celebrato il Natale e il Capodanno Il nostro destino è legato alla Siria La politica estera di Erdogan è spregiudicata