Caso Saipem, mancano le toghe Il processo a un giudice onorario
Milano, l’Eni fa astenere il presidente e i colleghi sono tutti «incompatibili»
nel frattempo fermato qualche mese. Ma un mese fa, al momento della possibile riunione, Eni e Saipem — tramite i professori Paola Severino (ex ministro della Giustizia), Alberto Alessandri e Angelo Giarda — chiedono l’astensione per incompatibilità del giudice Oscar Magi. Perché?
Perché nel 2013 celebrò il processo per tangenti Saipem su una precedente commessa in Nigeria, conclusosi con la prescrizione dei manager ma con la condanna di Saipem alla confisca di 24 milioni. Nella sentenza di quel processo-Nigeria, lamentano ora Eni e Saipem nel processo-Algeria, Magi espresse il convincimento che il modello organizzativo delle società fosse stato in quegli anni inadeguato a prevenire le corruzioni: ma se è così, paventano le difese, Magi sarà portato a ritenerlo anche nell’attuale processo-Algeria.
Non ci sono precedenti. Il presidente del Tribunale, Roberto Bichi, assieme al coordinatore penale Cesare Tacconi, accoglie l’astensione. Ma ora chi potrà fare il processo nella IV sezione? Non le giudici Amicone e Guadagnino, affondate dalla medesima incompatibilità di Magi. Non il collega Tremolada, da poco presidente di un’altra sezione, che perciò la presidenza del Tribunale non ritiene di “applicare” a un processo destinato a durare almeno un anno. Non il giudice Vanore, perché quand’era gip gli capitò di autorizzare qualche intercettazione del processo, il che lo rende adesso incompatibile per legge a farlo. Altra terna non esiste: le sezioni hanno non più (come in passato) 9 giudici (che dunque possono comporre tre collegi) ma 6 (solo due collegi), e nella IV sezione resterebbero solo due giudici (Giulia Turri e Caterina Ambrosino), senza il terzo. Spostare il processo all’altra sezione (la X) che si occupa di corruzione è impossibile, perché già sta per essere assorbita dal processo Ruby-ter.
Così il 17 gennaio il processo a Eni e Saipem inizierà davanti a un collegio formato solo grazie all’innesto, accanto alle due giudici togate superstiti, di una «giudice onoraria di tribunale» (Got), Maria Cristina Filiciotti.