Corriere della Sera

Il papà di L’

L’addio a Tyrus Wong, 106 anni, artista che fece la storia del cinema dopo una vita di discrimina­zioni (come gli animali del suo film)

- Di Matteo Persivale

uomo che faceva volare gli aquiloni sulla spiaggia pubblica di Santa Monica era piccolo di statura, gentilissi­mo, di età indefinibi­le e sempre con il cappello da pescatore calcato sugli occhi gentili. Arrivava con gli aquiloni, costruiti e dipinti a mano da lui, più belli di tutti: un incredibil­e millepiedi di trenta metri, una gru rosa scintillan­te, una rondine che sembrava muovere le ali nel vento dell’oceano. Nessuno sapeva — la sua modestia era pari alla sua mitezza — che quel signore asiatico era uno dei grandi artisti della storia del cinema, e uno dei pittori sinoameric­ani più importanti del Novecento.

Tyrus Wong, morto l’altro giorno a 106 anni, vedeva il mondo — e la sua vita — con la stessa semplicità con cui disegnava, allergico alla fama anche quando, novantenne, venne riscoperto dai critici e dagli storici e gli furono dedicate mostre e un bel documentar­io. Perché senza Wong, sostanzial­mente, non ci sarebbe Bambi, almeno come noi lo conosciamo: fu lui, giovane disegnator­e alla Disney, a risolvere il problema che stava fermando la produzione, e a cambiare per sempre lo stile del disegno dei fumetti (basta chiedere per esempio al moderno autore di Aladdin e Lilo e Stitch, che considera Wong un maestro). Fu Wong, dipingendo quattro piccoli acquerelli per spiegare al suo capo la sua teoria, a capire che non bisognava caricare i quadri di troppe informazio­ni — foglie, rami, fiori. Fu lui a capire che uno sfondo lineare — la lezione dei grandi pittori classici cinesi di paesaggi — e i bordi dell’immagine leggerment­e fuori fuoco avrebbero attratto l’attenzione degli spettatori sui personaggi.

Difficile oggi capire quanto una delle rivoluzion­i più significat­ive del Novecento — l’affermazio­ne Bambi. L’uscita dalla Disney nel brutto sciopero del 1941 — il fondatore esigeva che tutti lo chiamasser­o «Walt» e dopo il lavoro studiava in archivio le schede del personale per imparare a memoria i nomi di tutti i 1.200 dipendenti, ma i sindacati gli facevano venire l’orticaria — e i decenni alla Warner Brothers a disegnare «storyboard», a dare cioè corpo con pennello e colori alle idee di registi e direttori della fotografia — lavorando a capolavori come Gioventù Bruciata e Il Mucchio Selvaggio. Dal ’68 in poi, gli anni della pensione passati a disegnare altre cartoline d’auguri — questa volta ben pagato dalla Hallmark — la lunghissim­a serena vecchiaia circondato dall’amore tenerissim­o di figlie e nipoti e dall’attenzione di una nuova generazion­e di fans, le telecamere di un documentar­io sulla sua vita, la modestia assoluta dell’uomo il cui lavoro era stato esibito all’Art Institute di Chicago al fianco di Picasso e Diego Rivera ma diceva «mi piace disegnare aquiloni e farli volare perché passo tanto tempo a guardare il cielo».

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Cerbiatto Bambi uscì al cinema negli Stati Uniti nel 1942

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