Il papà di L’
L’addio a Tyrus Wong, 106 anni, artista che fece la storia del cinema dopo una vita di discriminazioni (come gli animali del suo film)
uomo che faceva volare gli aquiloni sulla spiaggia pubblica di Santa Monica era piccolo di statura, gentilissimo, di età indefinibile e sempre con il cappello da pescatore calcato sugli occhi gentili. Arrivava con gli aquiloni, costruiti e dipinti a mano da lui, più belli di tutti: un incredibile millepiedi di trenta metri, una gru rosa scintillante, una rondine che sembrava muovere le ali nel vento dell’oceano. Nessuno sapeva — la sua modestia era pari alla sua mitezza — che quel signore asiatico era uno dei grandi artisti della storia del cinema, e uno dei pittori sinoamericani più importanti del Novecento.
Tyrus Wong, morto l’altro giorno a 106 anni, vedeva il mondo — e la sua vita — con la stessa semplicità con cui disegnava, allergico alla fama anche quando, novantenne, venne riscoperto dai critici e dagli storici e gli furono dedicate mostre e un bel documentario. Perché senza Wong, sostanzialmente, non ci sarebbe Bambi, almeno come noi lo conosciamo: fu lui, giovane disegnatore alla Disney, a risolvere il problema che stava fermando la produzione, e a cambiare per sempre lo stile del disegno dei fumetti (basta chiedere per esempio al moderno autore di Aladdin e Lilo e Stitch, che considera Wong un maestro). Fu Wong, dipingendo quattro piccoli acquerelli per spiegare al suo capo la sua teoria, a capire che non bisognava caricare i quadri di troppe informazioni — foglie, rami, fiori. Fu lui a capire che uno sfondo lineare — la lezione dei grandi pittori classici cinesi di paesaggi — e i bordi dell’immagine leggermente fuori fuoco avrebbero attratto l’attenzione degli spettatori sui personaggi.
Difficile oggi capire quanto una delle rivoluzioni più significative del Novecento — l’affermazione Bambi. L’uscita dalla Disney nel brutto sciopero del 1941 — il fondatore esigeva che tutti lo chiamassero «Walt» e dopo il lavoro studiava in archivio le schede del personale per imparare a memoria i nomi di tutti i 1.200 dipendenti, ma i sindacati gli facevano venire l’orticaria — e i decenni alla Warner Brothers a disegnare «storyboard», a dare cioè corpo con pennello e colori alle idee di registi e direttori della fotografia — lavorando a capolavori come Gioventù Bruciata e Il Mucchio Selvaggio. Dal ’68 in poi, gli anni della pensione passati a disegnare altre cartoline d’auguri — questa volta ben pagato dalla Hallmark — la lunghissima serena vecchiaia circondato dall’amore tenerissimo di figlie e nipoti e dall’attenzione di una nuova generazione di fans, le telecamere di un documentario sulla sua vita, la modestia assoluta dell’uomo il cui lavoro era stato esibito all’Art Institute di Chicago al fianco di Picasso e Diego Rivera ma diceva «mi piace disegnare aquiloni e farli volare perché passo tanto tempo a guardare il cielo».