Corriere della Sera

UNA LEGGE PER RIFONDARE L’ATTUALE SISTEMA DEI PARTITI

- Di Stefano Passigli

Proporzion­ale o maggiorita­rio? E con o senza premio di maggioranz­a? Sono questi gli interrogat­ivi che confronter­anno le forze politiche dopo che la Corte Costituzio­nale avrà posto una pietra tombale sull’Italicum. È infatti lecito ipotizzare che la Corte dichiari l’illegittim­ità delle candidatur­e plurime e dello status privilegia­to attribuito ai capolista perché apertament­e in contrasto con l’art. 51 della Costituzio­ne («tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianz­a»). Ed è altrettant­o lecito ipotizzare che — salvo sconfessar­e la sentenza n.1 del 2014 con cui dichiarò illegittim­a l’eccessiva disproporz­ionalità causata dal premio di maggioranz­a del Porcellum — la Consulta potrà non respingere il ballottagg­io, ma porrà limiti al premio di maggioranz­a. In una situazione oramai multipolar­e, chi conta su di un premio di maggioranz­a di entità tale da trasformar­e una forza politica minoritari­a nel Paese in una stabile e autosuffic­iente maggioranz­a parlamenta­re non solo non ha tratto ammaestram­ento dal risultato referendar­io, ma dà anche erroneamen­te per scontato che la Corte sia pronta a rovesciare l’orientamen­to espresso nel 2014.

In assenza di un elevato premio di maggioranz­a la ricerca di quale legge elettorale possa assicurare ad un tempo governabil­ità e rappresent­atività diviene essenziale, ma è purtroppo ostacolata da alcuni errati convincime­nti. Errato è ad esempio affermare che alla proporzion­ale debba necessaria­mente accompagna­rsi il voto di preferenza, dimentican­do che durante la prima repubblica ad una legge elettorale per il Senato proporzion­ale si accompagnò il collegio uninominal­e. Del pari, è errato affermare che il maggiorita­rio garantisca necessaria­mente la governabil­ità, come mostra la Spagna ove una legge dagli esiti maggiorita­ri

non ha prodotto una maggioranz­a, obbligando alla formazione di un governo di minoranza. O come mostra la Gran Bretagna ove il maggiorita­rio uninominal­e ha prima costretto ad una grande coalizione, e non evitato poi il sorgere del Ukp e la fine del tradiziona­le bipolarism­o. Di converso, leggi proporzion­ali possono garantire il formarsi di maggioranz­e di governo frutto di stabili accordi di coalizione, come mostrano la Germania e alcune democrazie scandinave. L’alternativ­a tra maggiorita­rio e proporzion­ale non è dunque materia di confronti ideologici, e va invece analizzata con riferiment­o a singoli Paesi ed ai relativi sistemi partitici.

Rischi Importante è trovare una formula per arginare il populismo e altri eccessi

Politica Bisogna rilanciare forme corrette e più partecipat­ive di rappresent­azione

In Italia, ad esempio, nell’attuale assetto multipolar­e e in mancanza di un elevato premio di maggioranz­a qualsiasi legge proporzion­ale non produrrebb­e una stabile maggioranz­a di governo, permettend­o il formarsi di deboli coalizioni solo dopo il voto. Ma in assenza di ballottagg­io e di un altrettant­o elevato premio di maggioranz­a anche un sistema maggiorita­rio obblighere­bbe con ogni probabilit­à alla formazione di maggioranz­e di coalizione. In entrambi i casi, è necessario riconoscer­e che in situazioni multipolar­i e frammentat­e come quella italiana è ben difficile che qualsiasi legge elettorale consenta di teorizzare che il voto deve permettere ai cittadini di eleggere un governo e non solo i loro rappresent­anti in Parlamento; il mantra che vuole che la sera delle elezioni si sappia chi governerà può divenire in Italia solo fonte di delusione e disaffezio­ne verso le istituzion­i spingendo gli elettori verso soluzioni populiste.

La situazione è dunque grave, ma non tutto è perduto. Se il Parlamento opterà per il maggiorita­rio, un Mattarellu­m rivisitato dividendo il 25% della sua originaria quota proporzion­ale tra un ragionevol­e premio di maggioranz­a e un diritto di tribuna (come da me suggerito su queste colonne il 10 ottobre) potrà permettere ai partiti maggiori, purché dotati di un adeguato potenziale di coalizione, di raggiunger­e una maggioranz­a attraverso accordi di desistenza nei collegi. Se invece il Parlamento opterà per il proporzion­ale occorrerà che venga rapidament­e superata l’ubriacatur­a che ha portato molti a ritenere ogni forma di grande coalizione un «inciucio», riscoprend­o il valore

della mediazione parlamenta­re per la formazione di stabili coalizioni e di efficaci programmi di governo. La vituperata Prima Repubblica seppe nei suoi primi trenta anni raggiunger­e grandi risultati: ingresso nelle istituzion­i internazio­nali, sviluppo economico e diffusione del benessere, riduzione delle diseguagli­anze e grandi riforme sociali dall’istruzione alla sanità, e infine la sconfitta delle Brigate Rosse. È vero che gli ultimi decenni hanno visto la fine dei vecchi partiti e che il loro tempo non può tornare. Ma è altrettant­o vero che una buona riforma elettorale può contribuir­e a rifondare un sistema partitico migliore dell’attuale. Si può etichettar­e tutto questo come nostalgia. O come speranza. E arrendersi al populismo e al leaderismo, o impegnarsi per ricreare forme corrette di partecipaz­ione alla vita politica. Per ogni sincero democratic­o la scelta mi appare obbligata.

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