UNA LEGGE PER RIFONDARE L’ATTUALE SISTEMA DEI PARTITI
Proporzionale o maggioritario? E con o senza premio di maggioranza? Sono questi gli interrogativi che confronteranno le forze politiche dopo che la Corte Costituzionale avrà posto una pietra tombale sull’Italicum. È infatti lecito ipotizzare che la Corte dichiari l’illegittimità delle candidature plurime e dello status privilegiato attribuito ai capolista perché apertamente in contrasto con l’art. 51 della Costituzione («tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza»). Ed è altrettanto lecito ipotizzare che — salvo sconfessare la sentenza n.1 del 2014 con cui dichiarò illegittima l’eccessiva disproporzionalità causata dal premio di maggioranza del Porcellum — la Consulta potrà non respingere il ballottaggio, ma porrà limiti al premio di maggioranza. In una situazione oramai multipolare, chi conta su di un premio di maggioranza di entità tale da trasformare una forza politica minoritaria nel Paese in una stabile e autosufficiente maggioranza parlamentare non solo non ha tratto ammaestramento dal risultato referendario, ma dà anche erroneamente per scontato che la Corte sia pronta a rovesciare l’orientamento espresso nel 2014.
In assenza di un elevato premio di maggioranza la ricerca di quale legge elettorale possa assicurare ad un tempo governabilità e rappresentatività diviene essenziale, ma è purtroppo ostacolata da alcuni errati convincimenti. Errato è ad esempio affermare che alla proporzionale debba necessariamente accompagnarsi il voto di preferenza, dimenticando che durante la prima repubblica ad una legge elettorale per il Senato proporzionale si accompagnò il collegio uninominale. Del pari, è errato affermare che il maggioritario garantisca necessariamente la governabilità, come mostra la Spagna ove una legge dagli esiti maggioritari
non ha prodotto una maggioranza, obbligando alla formazione di un governo di minoranza. O come mostra la Gran Bretagna ove il maggioritario uninominale ha prima costretto ad una grande coalizione, e non evitato poi il sorgere del Ukp e la fine del tradizionale bipolarismo. Di converso, leggi proporzionali possono garantire il formarsi di maggioranze di governo frutto di stabili accordi di coalizione, come mostrano la Germania e alcune democrazie scandinave. L’alternativa tra maggioritario e proporzionale non è dunque materia di confronti ideologici, e va invece analizzata con riferimento a singoli Paesi ed ai relativi sistemi partitici.
Rischi Importante è trovare una formula per arginare il populismo e altri eccessi
Politica Bisogna rilanciare forme corrette e più partecipative di rappresentazione
In Italia, ad esempio, nell’attuale assetto multipolare e in mancanza di un elevato premio di maggioranza qualsiasi legge proporzionale non produrrebbe una stabile maggioranza di governo, permettendo il formarsi di deboli coalizioni solo dopo il voto. Ma in assenza di ballottaggio e di un altrettanto elevato premio di maggioranza anche un sistema maggioritario obbligherebbe con ogni probabilità alla formazione di maggioranze di coalizione. In entrambi i casi, è necessario riconoscere che in situazioni multipolari e frammentate come quella italiana è ben difficile che qualsiasi legge elettorale consenta di teorizzare che il voto deve permettere ai cittadini di eleggere un governo e non solo i loro rappresentanti in Parlamento; il mantra che vuole che la sera delle elezioni si sappia chi governerà può divenire in Italia solo fonte di delusione e disaffezione verso le istituzioni spingendo gli elettori verso soluzioni populiste.
La situazione è dunque grave, ma non tutto è perduto. Se il Parlamento opterà per il maggioritario, un Mattarellum rivisitato dividendo il 25% della sua originaria quota proporzionale tra un ragionevole premio di maggioranza e un diritto di tribuna (come da me suggerito su queste colonne il 10 ottobre) potrà permettere ai partiti maggiori, purché dotati di un adeguato potenziale di coalizione, di raggiungere una maggioranza attraverso accordi di desistenza nei collegi. Se invece il Parlamento opterà per il proporzionale occorrerà che venga rapidamente superata l’ubriacatura che ha portato molti a ritenere ogni forma di grande coalizione un «inciucio», riscoprendo il valore
della mediazione parlamentare per la formazione di stabili coalizioni e di efficaci programmi di governo. La vituperata Prima Repubblica seppe nei suoi primi trenta anni raggiungere grandi risultati: ingresso nelle istituzioni internazionali, sviluppo economico e diffusione del benessere, riduzione delle diseguaglianze e grandi riforme sociali dall’istruzione alla sanità, e infine la sconfitta delle Brigate Rosse. È vero che gli ultimi decenni hanno visto la fine dei vecchi partiti e che il loro tempo non può tornare. Ma è altrettanto vero che una buona riforma elettorale può contribuire a rifondare un sistema partitico migliore dell’attuale. Si può etichettare tutto questo come nostalgia. O come speranza. E arrendersi al populismo e al leaderismo, o impegnarsi per ricreare forme corrette di partecipazione alla vita politica. Per ogni sincero democratico la scelta mi appare obbligata.