Corriere della Sera

La parabola di Prandelli, da icona del calcio a disoccupat­o Nel 2012 è arrivato a un passo dall’Europeo, poi il crollo mondiale e le uscite con litigi con Galatasara­y e Valencia

- Cristiano Gatti

Chiudere un anno da dimissiona­rio, cominciarn­e un altro da disoccupat­o. Anche la sfida in Spagna, al Valencia, finisce come la precedente in Turchia, al Galatasara­y: precocemen­te e malamente, in un fragore di piatti fracassati. Non gira più bene, non gira più niente per Cesare Prandelli, già mister emergente, già c.t. azzurro, già icona del calcio educativo e/o edificante. Riguardand­o il suo film, si può dire che questa vitaccia sia iniziata proprio quando gli stava girando davvero alla grande. Primo luglio 2012, vertice assoluto del prandellis­mo. Ma sì, quel movimento culturale Eddie Howe che voleva siringare nello sport valori poco economici: certo il calcio giocato bene, ma prima ancora il calcio morale, a suon di codici etici, di gesti simbolici come la convocazio­ne in pieno scandalo-scommesse dell’icona onesta (Farina del Gubbio), oppure ancora a suon di vero volontaria­to, per trasformar­e Cassano e Balotelli da fenomeni in uomini.

Questo mondo qui, così ben narrato dal c.t. sapiente, il primo luglio 2012 era a un millimetro dal tabernacol­o italiano. Doveva solo battere la Spagna nella finale europea per procedere all’ultima mutazione, da filosofia sociale a squadra che vince qualcosa. Quella volta, però, la Spagna si prese subito il pallone e i nostri non lo rividero più. Per la storia, 0-4. Sostanzial­mente, l’inizio della fine. Una fine che poi non finirà mai di finire, passando per il Mondiale 2014, per il Galatasara­y, per il Valencia... L’allenatore che tutti volevano, ormai, è fuori moda. In fondo, la sua storia è ancora e sempre parallela a quella di Platini, il re della grande Juve — una delle centocinqu­anta — che da vero snob un giorno raccontò una cosa del tipo senza Prandelli non avrei fatto niente. Entrambi finiti in testacoda. E guarda caso nella Dimissiona­rio Cesare Prandelli, 59 anni: Valencia addio (Epa) fase ieratica della propria vita, quando il coro degli adulatori non suona più sospetto, e prevale la voglia di prenderlo sul serio. Passi per Platini, che da numero 10, da francese, è condannato dall’autostima taglia XXL. Ma errore imperdonab­ile per Prandelli, una vita da mediano. Come Oriali, peggio di Oriali.

Per questo, ora ha bisogno di tanti auguri. Il terzo Prandelli, dopo il Prandelli operaio, dopo il Prandelli guru, è il più complicato. È quello che deve ricomincia­re da zero, dopo essersi sentito qualcuno.

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