Corriere della Sera

Primato di vittorie

- Alessandro Pasini

Pep Guardiola, 45 anni, è alla sua prima stagione in Premier League: prima ha vinto 3 Liga, 2 Coppe del Re, 3 Supercoppe spagnole, 2 Champions, 2 Supercoppe Uefa, 2 Mondiali per club col Barça, e 3 Bundesliga, 2 Coppe tedesche, 1 Supercoppa Uefa e 1 Mondiale per club col Bayern

Col Man City, dopo un inizio con 6 vittorie su 6 (10 su 10 con le coppe), è 5° assieme al Tottenham a 39 (12 vittorie, 3 pareggi e 4 sconfitte). Lui poi ha conosciuto meglio i suoi: addio a Oscar, Pedro e Moses rivitalizz­ati, David Luiz ripulito dagli inutili orpelli, Fabregas e Willian restituiti alla causa come cambi di qualità, Diego Costa punto fermo dell’attacco. Il tutto guarnito dal famoso «mangiare l’erba»: un’attitudine che i suoi hanno dimostrato di avere recepito bene nel 4-2 di sabato allo Stoke City, con doppia, rovente reazione ai gol avversari. Conte alla fine pareva impazzito di felicità: «Ho visto la volontà di lottare e di ottenere grandi risultati. Ci meritiamo tutto questo». Puro Conte style.

Oggi il Chelsea, nonostante il tecnico minimizzi, è il favorito per il titolo. Guardiola invece, dopo il k.o. di sabato col Liverpool, addirittur­a ammette: «Non possiamo puntare a grandi obiettivi». E mentre Conte, perfettame­nte calato nel mood di Fulham Road dove tutti cantano «Antonio Antonio», si addolcisce al punto da portare al pub i giornalist­i, a Manchester si chiedono interdetti se il City ce la farà almeno a entrare in Champions.

Di sicuro, il data base dell’epoca I 13 successi consecutiv­i di Antonio, i dubbi che circondano Pep e il Manchester

bianconera consente a Conte di riproporre lo schema del suo primo anno alla Juve, che ereditò settima e senza l’impegno delle coppe e vinse lo scudetto. Oltre ai cambi tattici (anche a Torino fu decisivo il passaggio al 3-5-2), il Chelsea, decimo nel 2015-16, non gioca le coppe e questo, in un calcio che tritura come quello inglese, incide molto. Ma una cosa è certa: mentre a Guardiola cambiare pelle non sta servendo per vincere, Conte sta vincendo restando se stesso. «Da giocatore io correvo di più, ma lui pensava meglio con la palla fra i piedi», ha detto Antonio di Pep una volta. Da tecnico, Conte da tempo ha imparato anche a pensare benissimo. L’inversione dei destini inglesi con Guardiola nasce lì. E, anche se è ancora presto per tutto, è una metamorfos­i da applausi.

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