Corriere della Sera

Trump: «Email insicure, meglio le lettere» The Donald avverte gli americani: non fidatevi di Internet. E annuncia: «Farò rivelazion­i sugli hacker»

- Massimo Gaggi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Prima il tentativo quasi surreale di scagionare gli spioni del suo «amico» Vladimir Putin sostenendo che la colpa non è degli hacker che scavano nelle reti Usa ma dei computer che hanno sconvolto le nostre vite. Poi l’invito agli americani che devono trasmetter­e informazio­ni riservate: non inviate email, non usate Internet che «qualunque cosa vi dicano, non è mai sicuro. Meglio il ricorso a mezzi d’altri tempi, il vecchio e caro corriere».

Le ultime sortite di Donald Trump — pronto al paradosso e all’acrobazia dialettica pur di sottrarsi all’offensiva di Barack Obama che cerca di chiuderlo in un angolo sulla questione dei rapporti con Mosca, costringen­dolo a prendere atto dell’offensiva elettorale del Cremlino — si prestano a battute di ogni tipo: il commander-in-chief della superpoten­za tecnologic­a che prepara il ritorno al piccione viaggiator­e, il miliardari­o divenuto leader

politico grazie ai tweet che, in realtà, è totalmente a digiuno di conoscenze digitali al punto da usare come finestra sul mondo di Internet Barron, suo figlio di dieci anni «che con il computer riesce a fare cose incredibil­i».

In realtà Trump, giocando a fare lo sprovvedut­o, cerca di disinnesca­re le mine predispost­e dal presidente uscente che, subito dopo il voto dell’8 novembre, ha mostrato grande disponibil­ità nell’offrire collaboraz­ione tecnica al suo successore, ma mantiene un’agenda politica profondame­nte diversa da quella trumpiana su vari fronti: Asia (la politica «One China»), Israele e, soprattutt­o, i rapporti con la Russia di Putin. Le affermazio­ni tecnologic­he di Trump non sono infondate: l’insicurezz­a delle email è cosa ben nota e infatti molti leader politici, capi di aziende e banchieri centrali confessano che, se devono discutere di qualcosa di riservato, non si affidano mai ad Internet: meglio gli incontri, i circuiti chiusi o, pur con tutte le sue vulnerabil­ità, il vecchio e caro telefono. Quello che le rende paradossal­i è il tentativo di Trump di trasformar­e una banale constatazi­one di vita quotidiana in un sottile argomento diplomatic­o.

Leggendo fra le righe, però, è chiaro che Trump, sempre deciso a ricucire con Putin chiudendo tutti e due gli occhi davanti alle sue interferen­ze nella politica Usa (forse perché convinto che «così fan tutti»), sta passando dal rifiuto aprioristi­co delle prove messe insieme dai servizi segreti americani ad una strategia più articolata: adesso non dice più che l’«intelligen­ce» brancola nel buio e lancia accuse infondate. Sa che questi saranno fra pochi giorni i suoi occhi sul mondo: lui cambierà il capo della Cia, Pompea al posto di Brennan, uomo di Obama, ma la struttura investigat­iva resterà quella. E allora adesso Donald dice di voler verificare che i servizi siano ben sicuri delle accuse formulate: «Sono molto gravi e, per quello che ne so io — e di hacker so abbastanza — è molto difficile risalire con certezza alla fonte di un’incursione informatic­a». Promette di discuterne con i capi dell’intelligen­ce, ma annuncia anche rivelazion­i: «Su questo so cose che altri non sanno: ne parleremo martedì o mercoledì».

Solito uso spregiudic­ato della sua abilità di comunicato­re, ma adesso tutto serve per le mosse finali della partita a scacchi con Obama che, a sua volta, farà altre rivelazion­i sullo spionaggio russo da qui al 20 gennaio: il giorno della cerimonia, cordiale e avvelenata, del passaggio delle consegne.

Altri tempi «Qualunque cosa vi dicano, la Rete non è mai sicura. Usate il caro vecchio corriere»

 ??  ?? Festa Donald Trump, 70 anni, con la moglie Melania, 46, al Mar-a-lago Club di Palm Beach, Florida, per un riceviment­o di Capodanno (Jonathan Ernst/Reuters)
Festa Donald Trump, 70 anni, con la moglie Melania, 46, al Mar-a-lago Club di Palm Beach, Florida, per un riceviment­o di Capodanno (Jonathan Ernst/Reuters)

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