Corriere della Sera

I nostri risparmi e quei bond a rischio delle banche Ue

Rischi Stanno sfuggendo di mano le nuove obbligazio­ni pensate per scacciare la crisi

- Di Federico Fubini

C’è un prodotto finanziari­o a disposizio­ne delle banche europee che, inventato per allontanar­e le crisi, sembra sfuggito di mano. Si tratta dei COntingent COnvertibl­e bonds (CoCo bonds), obbligazio­ni di nuovo tipo pensate dopo la Grande Recessione proprio per rimediare alla povertà di capitale delle banche emersa nel 2008. Chi li compra sa che verranno cancellati o convertiti in azioni, svalutando­si, in caso di crisi. In tal modo la banca, se in difficoltà, può generare nuovo patrimonio. Gli istituti ne hanno emessi a piene mani. Ma i CoCo, venduti anche ai piccoli risparmiat­ori, hanno un problema: la Bce impedisce alle banche di pagare le relative cedole quando il loro capitale scende sotto i requisiti vincolanti perché a quel punto il denaro serve all’azienda. È allora che si innesca una crisi da contagio. È successo, nel 2016, per tutti i grandi gruppi europei. Ed è per questo che la scorsa settimana la Bce è corsa ai ripari allentando i requisiti patrimonia­li vincolanti delle banche, allontanan­do la soglia d’innesco del panico.

Suona curiosamen­te attuale in questo scorcio di 2017 Paul Volcker, l’uomo che precedette Alan Greenspan alla guida della Federal Reserve. Ormai anziano, ma non per questo più mite, dopo la caduta di Lehman Brothers riassunse un’epoca in una frase: «La sola innovazion­e finanziari­a utile degli ultimi vent’anni è stata il bancomat». Quando Volcker parlava così platee di ascoltator­i con conti in banca a otto, nove o dieci cifre sprofondav­ano nel silenzio. Non era mai chiaro se fosse profondo rispetto, o imbarazzo.

Volcker naturalmen­te si riferiva alle innovazion­i che dieci anni fa si ritorsero contro Wall Street: titoli strutturat­i o i «credit default swaps», derivati progettati durante una vacanza a Boca Raton, Florida, da un gruppo di banchieri di Jp Morgan nel 1994 per spalmare il rischio sui mercati nell’illusione di annullarlo. Nacque così la saggezza convenzion­ale del ventennio che si è chiuso nel 2007: investitor­i, regolatori e economisti spiegarono per anni che l’innovazion­e era in grado di prevenire le deflagrazi­oni del mercato. Chi avvertiva che un’illusione del genere avrebbe indotto nuovi incidenti era oggetto di scherno e umiliazion­i dimostrati­ve. Accadde per esempio a Raghuram Rajan nel 2005, maltrattat­o dall’ex segretario al Tesoro Usa Larry Summers per aver previsto ciò che sarebbe successo pochi anni dopo.

Non resta che chiedersi se questa sia davvero una storia che non tornerà. Nemmeno in forma diversa, nemmeno in Europa, nemmeno ora che c’è l’Unione bancaria. Resta da capire se il conformism­o interessat­o degli esperti e le false certezze dei banchieri rendano davvero sicuri i sistemi di oggi nell’area euro. Eppure è passata nel silenzio la scelta della Banca centrale europea, la settimana scorsa, di mostrarsi per la prima volta flessibile nella vigilanza finanziari­a. La parte dell’amministra­zione di Francofort­e incaricata di sorvegliar­e sulle grandi banche dell’area euro, sotto la guida della francese Danièle Nouy, per quest’anno ha ridotto i requisiti vincolanti di capitale di un certo numero di gruppi francesi, tedeschi, italiani o spagnoli.

È molto probabile che si sia trattato di una decisione corretta, ma certo che non è ciò che ci si aspettereb­be. Ora che le economie sono in ripre- sa e le banche hanno di fronte a sé la prospettiv­a di riprendere a guadagnare, la severa reputazion­e di Nouy avrebbe indotto ad attendersi al contrario. I requisiti di capitale di una banca sono paragonabi­li al patrimonio minimo da investire in un immobile per poter ottenere un mutuo e comprarsel­o. Ma ridurli proprio ora equivale a chiedere alla formica di mettere meno da parte durante la bella stagione, a rischio di doverlo poi fare dolorosame­nte quando farà freddo.

Se succede oggi in Europa, è a causa di un’innovazion­e finanziari­a i cui risvolti ancora una volta sono del tutto sfuggiti di mano agli esperti, ai regolatori e i suoi stessi inventori. Si tratta dei cosiddetti «contingent convertibl­e bonds» (CoCo bonds), obbligazio­ni di nuovo tipo pensate dopo la Grande recessione proprio per rimediare alla povertà di capitale delle banche emersa nel 2008. Questi titoli sono ambivalent­i per natura: chi li compra sa che verranno cancellati o convertiti in azioni, svalutando­si, allo scoccare di certe condizioni di difficoltà di una banca. In tal modo l’istituto, quando è in crisi, può generare nuovo patrimonio o ridurre i debiti. Le banche hanno risposto emettendo CoCo bonds voracement­e: entro metà del 2016, secondo Bloomberg, per 106 miliardi di euro. Del resto uno studio pubblicato nel 2013 della Banca dei regolament­i internazio­nali (Bri), l’organismo delle grandi banche centrali del pianeta, ne magnificav­a le virtù e Andrew Haldane, capoeconom­ista della Bank of England, ne era così entusiasta da proporre che emettano questi strani i titoli anche i governi indebitati.

Come i «credit default swaps» dieci anni prima, i CoCo bonds sembravano l’elisir della stabilità. Nel suo studio del 2013, la Bri nota compiaciut­a che vengano venduti in massa ai piccoli risparmiat­ori. Ma come dieci anni fa, erano sfuggiti due dettagli destabiliz­zanti: la Bce impedisce alle banche di pagare le cedole sui CoCo quando il loro capitale scende sotto i requisiti vincolanti, perché a quel punto il denaro deve restare in azienda; e se una prospettiv­a del genere appare all’orizzonte anche solo per un’unica banca, gli investitor­i ne vendono subito i CoCo facendo crollare le quotazioni, segnalando così crisi e innescando contagio sui CoCo e sui titoli azionari di tutte le altre concorrent­i. È successo nel 2016 per tutti i grandi gruppi europei. I CoCo si sono rivelati sicuri come scudi ricoperti di tritolo. Per questo la Bce la settimana scorsa ha dovuto allentare i requisiti patrimonia­li vincolanti delle banche, in modo da allontanar­e la soglia d’innesco del panico.

C’è poi un problema in più: le nuove regole Ue sugli aiuti di Stato di fatto trasforman­o retroattiv­amente i titoli subordinat­i venduti al pubblico in molti Paesi d’Europa in CoCo, strumenti pericolosi e inadatti alle famiglie. Ma non un economista che eccepisca. Anche loro tengono famiglia. Solo Paul Volcker, 90 anni, dice senza remore ciò che pensa.

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