Proporzionale e larghe intese Ecco chi è già tentato dall’asse tra Pd, FI e centristi
La divisione tra chi vuole muoversi prima o dopo il verdetto delle urne
Con la legge elettorale si rischia una situazione weimariana: le forze antisistema con la maggioranza ma senza una coalizione Quagliariello
Suggestione a volte inconfessabile, il «modello tedesco» ispira trasversalmente tanti parlamentari, non solo centristi. Gli azzurri che si riconoscono in Silvio Berlusconi hanno in testa lo schema «proporzionale e larga coalizione». E anche nel Pd, dietro al paravento del Mattarellum, il tema non è tabù.
La rotta
A indicare la rotta di Berlino è stato sul Corriere il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda: «La legge elettorale va disegnata tenendo presente questo scenario, che “chiamerà” probabilmente una grande coalizione». L’idea che il prossimo governo si trovi costretto ad aprire una stagione di «messa in sicurezza» del Paese, dando vita a una
grosse koalition, è condivisa anche da Berlusconi. Il leader di Forza Italia, sempre sul Corsera, conferma di puntare a un proporzionale con sbarramento e disegna una maggioranza che poggi su due pilastri. Se in Germania la Merkel ha dovuto accordarsi due volte con i liberali e una con i socialdemocratici, lui ha in mente un nuovo Nazareno: «Vedo come soluzione un patto tra Pd e FI». Il ragionamento convince Antonio Tajani, in corsa per la presidenza del Parlamento Ue. «Bisogna fare una legge proporzionale e andare a votare. E se non c’è una maggioranza di centrodestra, né di centrosinistra, l’unica soluzione sarà una scelta nell’interesse del Paese, come in Germania e in Spagna. Con la crisi economica serve stabilità». E in un Paese tripolare, pensano (non da oggi) i centristi, solo il modello tedesco può garantirla.
Pier Ferdinando Casini si dice d’accordo «ante litteram» e ritiene che la nave Italia sia avviata sulla giusta rotta: «Non inventiamo niente, lo schema è questo in Germania, in Spagna e anche in Francia, dove i moderati e la sinistra sono condannati a un voto unico per impedire alla Le Pen di vincere». L’ex presidente della Camera sosterrebbe senza imbarazzi un nuovo patto del Nazareno. «Ma il dibattito sulla data del voto è demenziale — avverte Casini —. Se continuiamo a fare errori la possibilità che la sommatoria tra Grillo, Salvini e Meloni raggiunga il 50% non è remota».
I timori
Federico Fornaro, minoranza dem, lo dimostra coi numeri: «Alla Camera se il Pd prendesse il 30% e Forza Italia il 12%, difficilmente si arriverebbe ai 316 seggi di maggioranza, anche se Ncd superasse uno sbarramento del 3%». Gaetano Quagliariello è preoccupato. Per l’ex ministro di Letta, teorizzando la grande coalizione a partire dalla legge elettorale «si creano i presupposti per una situazione weimariana, in cui le forze antisistema conquistano la maggioranza ma non costruiscono una coalizione». Eppure i centristi del Pd continuano a tessere la loro tela. «Per la complessità italiana servono coalizioni che affrontino le emergenze», sostiene Beppe Fioroni e indica due strade: una legge che consenta la coalizione prima del voto grazie al premio di maggioranza, oppure un’alleanza che si formi in Parlamento dopo il voto, «come dice la Costituzione». Ncd tifa per il modello tedesco e non solo perché le larghe intese hanno consentito ad Alfano di battere ogni record di longevità come ministro. «Noi siamo nati sulla responsabilità — ricorda Maurizio Lupi —. E sono contento che torni la coscienza di una nuova stagione in cui ci si rimbocca le maniche e si lavora assieme». Purché, ammonisce, non si commetta il «grande errore» di illudersi che gli scenari futuri si disegnino con le leggi elettorali. La divergenza tra i (tanti) fan della grande coalizione è tutta qui. Partire dal sistema di voto, oppure aspettare il verdetto delle urne? Il ministro Gian Luca Galletti risponde al volo: «Meglio partire dal proporzionale. Serve un governo forte e con il maggioritario fai fatica a centrare l’obiettivo».