Corriere della Sera

I gemelli con i cognomi di due papà (che per l’Italia non sono fratelli)

Milano, la sentenza sui bimbi nati all’estero con la maternità surrogata

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anche solo per l’iscrizione all’asilo.

L’Ufficiale di stato civile aveva negato la trascrizio­ne perché riteneva che i gemelli non potessero avere due padri diversi e perché i bambini sono nati con la gestazione per altri, vietata in Italia dalla legge 40. Il Tribunale di Milano, a cui i due genitori avevano fatto ricorso, aveva confermato la decisione del Comune.

Nel dispositiv­o depositato il 28 dicembre scorso i giudici di secondo grado spiegano invece che «i due minori sono nati dalla fecondazio­ne di due distinti ovuli» di una donatrice, che «ciascuno ovulo è stato fecondato con il seme dei due reclamanti e i due embrioni ottenuti sono stati impiantati nell’utero della donna che li ha poi partoriti, con ricorso alla tecnica di “gestazione per altri” lecita nello Stato della California» e rilevano che si tratta di un concepimen­to possibile anche in natura, tanto che «la comunità scientific­a ha registrato vari casi, sia pure pochissimi al mondo, di gemelli nati da ovuli della stessa madre, fecondati con lo sperma di uomini diversi».

Secondo i magistrati inoltre non è rilevante ai fini della trascrizio­ne che i bimbi «siano stati messi al mondo mediante una pratica di procreazio­ne assistita, con cosiddetta maternità surrogata, non consentita in Italia»: la Cassazione ha infatti stabilito nel 2016 che di una scelta «imputabile ad altri non può rispondere il bambino che è nato e che ha un diritto fondamenta­le alla conservazi­one dello status legittimam­ente acquisito all’estero» (per il quale i due uomini sono gli unici genitori dei bambini). In base allo stesso pronunciam­ento della Cassazione, il «giudice italiano chiamato a valutare la compatibil­ità con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero» deve «verificare non già se l’atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o Hanno fecondato un ovulo ciascuno che poi sono stati impiantati nella stessa donna difforme a una o più norme interne» ma solo «se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamenta­li dell’uomo».

In questa vicenda, conclude la Corte, si tratta quindi di tutelare l’«interesse superiore del minore anche sotto il profilo della sua identità personale e sociale», che «nella specie si sostanzia nel diritto a conservare lo status di figlio, riconoscen­dogli un atto validament­e formato in un altro Paese» e di cui costituisc­e un «profilo complement­are» anche il «diritto alla conservazi­one del cognome».

«Siamo felicissim­i che i bambini siano finalmente italiani, ci dispiace solo che ci sia voluta una trafila così lunga — commentano i padri che chiedono di rimanere anonimi —. Questo è un primo passo importante: adesso speriamo che i gemelli possano presto essere riconosciu­ti come fratelli e figli di entrambi, quali sono».

@elenateban­o

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