Corriere della Sera

LA GENTILEZZA NELLE NOSTRE PAROLE PER RICOMINCIA­RE

- di Dacia Maraini

Nell’equilibrat­o e umanissimo discorso di fine anno il presidente della Repubblica, colui che viene definito «il grigio Mattarella» — magari fossero così eleganteme­nte grigi, di un grigiore che esprime serenità, onestà, gentilezza d’animo, i nostri politici — ha parlato di un veleno che si è infiltrato nelle vene della circolazio­ne sanguigna del Paese e si è insinuato nei rapporti della comunità suscitando sospetto, astio, livore e intolleran­za.

È ingiusto dire che il terrorismo simbolicam­ente sta ottenendo quello che vuole? Radicalizz­azione dei rapporti politici, spinta a destra dei partiti, stretta di tutte le conquiste democratic­he in nome dell’antiterror­ismo? È ingiusto sostenere che questi sentimenti hanno inasprito i rapporti fra le persone (basta dare uno sguardo alla rete e alla sua libertà di insulto), hanno avvilito e ridotto all’osso il senso della comunità, hanno generato sospetti verso l’altro e indifferen­za verso il dolore altrui?

Il linguaggio esprime il pensiero collettivo, anche quando non ne è consapevol­e, il linguaggio disegna i rapporti. Non ci rendiamo neanche conto che stiamo usando sempre di più un linguaggio rabbioso e guerresco. Ma ricordiamo­ci che in guerra la realtà si impoverisc­e: ci sono solo i nemici da abbattere e gli amici da salvare. Amici che devono pensarla esattament­e come noi, altrimenti diventano anche loro immediatam­ente nemici.

Ma la cultura è complessa e problemati­ca. La guerra invece semplifica, taglia, appiattisc­e, rifiuta le distinzion­i, non ammette l’attenzione verso l’altro. La guerra affonda le sue radici nei più arcaici e semplici impulsi di sopravvive­nza: uccidere o essere uccisi. Mentre la cultura cerca la comprensio­ne del diverso, la consapevol­ezza, il senso di responsabi­lità, il perdono, la gioia di vivere e di amare, la giustizia e le regole di convivenza. Spesso il cambiament­o di linguaggio precede un cambiament­o di clima sociale e finisce per sfociare in una guerra vera, fatta di bombe,

Vocabolari­o Riscopriam­o creanza, urbanità, cortesia, affidabili­tà, comprensio­ne, tolleranza Energia La forza da rilanciare è quella del pensiero complesso e dell’intelligen­za sociale

mitragliat­rici, strazio e morte.

Una forma di resistenza alla guerra annunciata può e deve iniziare proprio dal linguaggio. La riscoperta di parole come creanza, urbanità, cortesia, affidabili­tà, comprensio­ne, tolleranza. Non sono le parole della debolezza ma della vera forza, quella del pensiero complesso e dell’intelligen­za sociale. Torniamo a parlare di idee e non solo di appartenen­za. Torniamo a confrontar­ci sui progetti per il futuro, senza affidarci a quella triste pratica.

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