Addio a Calchi Novati, un maestro degli studi sull’Africa
Se in Italia è stato possibile conoscere l’Africa e il Medio Oriente, la loro storia e il loro drammatico presente negli ultimi cinquant’anni è stato in gran parte merito di Gian Paolo Calchi Novati, scomparso all’età di 81 anni. Con pochissimi altri studiosi, aveva cercato di guardare al passato senza pregiudizi e senza accademismo, riuscendo a renderci partecipi del dibattito internazionale, storiografico e non, utile a comprendere mondi a noi vicini e sempre troppo poco conosciuti e indagati.
L’interesse parallelo di Calchi Novati, da storico e da internazionalista, ha inizio nei primi anni Sessanta, quando sta terminando la decolonizzazione, che Calchi Novati individua da subito come un elemento centrale e autonomo di un mondo caratterizzato dalla guerra fredda e visto, in genere, solamente attraverso il filtro dello scontro Usa-Urss. La speranza illusoria del neutralismo — quello nato a Bandung nel 1955 — che fu incapace di sottrarsi alla morsa delle due superpotenze e l’inganno dell’apparente indipendenza conquistata dall’Africa hanno costituito il punto di partenza di un’analisi che, molto politicizzata e con il forte segno ideologico degli anni Sessanta, si è rapidamente trasformata in ricerca storica a tutto tondo, delle eredità e delle permanenze, dei cambiamenti e delle perdite che hanno attraversato soprattutto le zone privilegiate nel suo studio curioso e ampio: il Corno d’Africa e l’Algeria, senza dimenticare la politica coloniale ed estera dell’Italia, le puntate sull’Indocina e il Vietnam, l’Africa nella sua globalità.
La grande capacità di Calchi Novati, docente alle Università di Pisa, Urbino e Pavia, è stata quella di guardare alle dinamiche e alle tensioni internazionali che coinvolgevano i suoi territori di analisi con l’occhio dello storico, e di ricostruire la storia delle regioni analizzate situandole dentro il contesto internazionale più ampio, riuscendo con rara profondità a cogliere le influenze e i condizionamenti del contesto internazionale (della guerra fredda) sull’autonomia delle scelte nazionali e delle politiche di ogni Stato. Negli ultimi anni la sua attenzione ai grandi protagonisti della politica mondiale in Africa — la Nigeria in primo luogo e, ancora, l’Algeria e il Corno d’Africa — si è intrecciata all’analisi del jihadismo, senza dimenticare l’eredità coloniale dell’Italia: verso cui ha sempre mantenuto un’attenzione critica nel valutare i nostri rapporti bilaterali e la nostra politica estera, e insistendo sulla necessità di conoscere il nostro passato di colonizzatori per sfuggire agli stereotipi di autoassoluzione sempre presenti nel nostro Paese.
Storico delle relazioni internazionali, Calchi Novati è stato una figura di spicco per istituti di studio come l’Ispi e l’Ipalmo, ma anche un grande professore, alla cui scuola si sono formati e laureati decine di docenti e di studiosi, pronto a intervenire in colloqui e conferenze di diverso spessore, convinto che lo scarso rilievo che nella nostra cultura ha avuto e continua ad avere la conoscenza dell’Africa e del Medio Oriente fosse un limite strutturale da cui era difficile riuscire a liberarsi. Proprio per questo aveva guardato con interesse — ma anche con atteggiamento critico puntuale — alle iniziative del nostro governo verso gli Stati del Mediterraneo meridionale e dell’Africa.