Lo storico della decolonizzazione è scomparso all’età di 81 anni
cui era imputato un suo amico. In più gli fu mosso il rilievo di aver partecipato — la sera delle elezioni politiche, quando i seggi non erano ancora chiusi — «ad un numeroso e incomposto corteo di automobili che si recava da Locri a Siderno per festeggiare la prevista vittoria di un candidato locale».
Ferraro era bravo sotto il profilo tecnico. Gliene diedero atto Bruno Caccia e Vladimiro Zagrebelsky, quando a Torino nel 1976 furono incaricati dal Consiglio giudiziario di valutare se fosse meritevole di essere elevato di grado. Ma elencarono poi alcuni addebiti che ne sconsigliavano la promozione. Il Csm prese atto di quella decisione, che però due anni dopo fu annullata dal Tar. Nel 1982 la relazione di Caccia e Zagrebelsky tornò d’attualità quando il Csm fu di nuovo costretto ad occuparsi di Ferraro. E lo assolse dalle accuse di acredine e arroganza nei confronti di alcuni colleghi. Cosa che non può essere considerata di poco conto, scrive Paola Bellone, «se si pensa che l’istruttoria del procedimento disciplinare fu svolta proprio a Torino, mentre era procuratore capo Bruno Caccia… il che la dice lunga sul clima degli uffici giudiziari di quella città, sulla solitudine e sulla fermezza con cui Caccia doveva operare».
Il Csm però non se la sentì di assolvere Ferraro in toto e, per salvarsi la coscienza, lo condannò Il verdetto L’unico condannato (e destituito) tra le toghe di Torino ritenute inquinate fu Antonio Tribisonna, per il reato di corruzione impropria
Il paradosso La sanzione consistente nel trasferimento d’ufficio ha punito i cittadini delle località dove quei magistrati vennero trasferiti