Riso, vongole e calamari: così Marchesi reinventa Pollock
I quadri di Pollock? Una crema di riso al pesto con vongole e calamari. I tagli di Fontana una coda di rospo al nero di seppia mentre l’opera di Manzoni una pasta.
«La cucina è scienza, sta al cuoco farla diventare arte», spiega Gualtiero Marchesi, padre della cucina moderna italiana e protagonista con il critico d’arte Francesco Bonami e il barman Dario Comini di Piatti d’arte, nuova produzione in onda su Sky Arte dal 19 gennaio (alle 20.15). L’idea è unire cucina e arte, con Marchesi che interpreta il lavoro di cinque grandi artisti attraverso altrettanti piatti (abbinati a un cocktail): il risultato è una riproposizione dell’arte dei maestri in versione culinaria.
Sul legame tra arte e cucina, Marchesi ha più di un pensiero: «Ernesto Illy un giorno mi disse: voi cuochi siete dei chimici dell’intuizione. È vero, i cuochi fanno chimica intuitiva altrimenti sono dei brusapadei, dei bruciapadelle». Anche in cucina esistono gli artisti incompresi? «Einstein diceva che la scienza è oggettiva, il gusto soggettivo. Per questo puoi incontrare un cliente contento, uno meno, uno che dice avrei messo un po’ più di sale...». Lo hanno mai detto a lei? «No, grazie a Dio non è mai successo. Una volta mi hanno chiamato dalla cucina perché una signora si lamentava: la costoletta alla milanese non era ben cotta. Le ho detto: signora, sono Gualtiero Marchesi: le mie costolette non sono ben cotte ma cotte bene». Ora la cucina è di moda, tutti impiattano: «Impiattare, che brutta parola. Non la uso, certo che no». E non è neanche un appassionato di Masterchef? «No, non è nemmeno divertente».
Molti grandi artisti sono stati amici di Marchesi: Fontana, Manzoni, Guttuso. Negli anni Settanta le sue serate erano con loro. «Il mio amico più grande è stato senza dubbio Piero Manzoni: eravamo inseparabili. Abbiamo condiviso una stagione felice. La notte si girovagava per i locali... Ho fatto un piatto ispirandomi alle sue acrome». «Il legame non solo tra arte e cibo ma anche tra gli artisti e il ristoratore esiste da sempre», spiega Bonami. «L’arte non è saper fare una cosa, così come la cucina non saper cuocere qualcosa. Le opere fanno parte di un percorso di idee che tenta di portare lo spettatore o il cliente a sperimentare qualcosa di diverso. La cucina è arte che si consuma». E i piatti della trasmissione corrispondono davvero al linguaggio degli artisti? «In tutti ho ritrovato qualcosa, con un’interpretazione più o meno libera».