Il 10% del fatturato per 350 giovani E oggi l’Atalanta passa all’incasso
Il metodo è sicuro e proficuo, ma per essere vincente ha bisogno di due componenti imprescindibili: investimenti continui e soprattutto pazienza. L’Atalanta passa all’incasso e riscuote i milionari frutti di una lunga semina. Le cessioni di Mattia Caldara alla Juventus e quella che dovrebbe essere definita oggi di Roberto Gagliardini all’Inter porteranno al club bergamasco quasi 50 milioni. I due sono prodotti di un vivaio con grande tradizione che, da qualche tempo, ha ricominciato a sfornare pezzi importanti. Dalla scuola nerazzurra sono usciti giocatori finiti in Nazionale: Montolivo, Pazzini e più recentemente Bonaventura e Baselli. Guida del settore giovanile è stato a lungo Mino Favini, ex attaccante degli anni 60, voluto a Bergamo negli anni 90 da Antonio Percassi, già presidente dal 1990 al 1994 e tornato patron nel 2010. Da due anni a guidare il settore c’è Maurizio Costanzi, arrivato dal Chievo, che ha già pescato Kessie.
L’Atalanta ha ristrutturato il centro d’allenamento di Zingonia, investe ogni anno circa 6 milioni sul settore giovanile, grosso modo il 10 per cento del fatturato del club. Numeri in percentuale più alti di quelli delle grandi: Juve, Milan e Inter non spendono così tanto, anche se i nerazzurri stanno spingendo molto sulle accademie in tutto il mondo.
Il modello Atalanta però è unico, una tradizione iniziata con il presidente Bortolotti, portata avanti dalla famiglia Ruggeri (anche se negli ultimi anni ci fu una battuta d’arresto) e ripresa con successo dai Percassi. Caldara e Gagliardini, così come Conti e Grassi, sono prodotti del vivaio. La