Corriere della Sera

La primavera tradita

Con Oliverio e Falcomatà sembrava iniziata un’altra fase Poi rivolte e fughe dei giovani

- Marco Imarisio 3 — Fine (ha collaborat­o Antonio Ricchio)

Le passioni non si spengono mai all’improvviso. Anche quelle politiche. Nel settembre del 2015 un intero circolo dei Giovani democratic­i di Cosenza decide di lasciare il Pd. Alla sezione Valarioti, dove alle pareti fanno bella mostra di sé foto di braccianti e di Enrico Berlinguer, se ne vanno in 60 su 67. «Il partito ha abbandonat­o i suoi tradiziona­li riferiment­i sociali a favore dell’adozione delle peggiori pratiche trasformis­tiche. A livello locale i circoli sono solo strumenti di potere saldamente in mano ai big locali che pesano il proprio consenso personale con le tessere. Ai giovani che si avvicinano alla politica non resta che accodarsi al politico di turno e vivere il proprio impegno in questa forma degenerata nella speranza di ottenerne magari qualche beneficio personale». Non se ne accorge nessuno. Quelli sono ancora tempi in cui vige il racconto della Calabria felix, diventata tale per le sorti democratic­he nel giro di un mese.

Il 29 ottobre 2014 Giuseppe Falcomatà segue le orme del padre Italo e diventa sindaco di Reggio Calabria. Poche settimane dopo Mario Oliverio conquista la presidenza della regione, sfilandola al centrodest­ra. I due vincitori esprimono le anime del partito. Il primo è giovane e renziano, il secondo è un navigato funzionari­o prima dalemiano e poi bersaniano.

La rabbia dei giovani

Sembra una sintesi perfetta, il nuovo e l’usato sicuro che avanzano insieme. Ma spesso i risultati elettorali non dicono la verità sullo stato di salute del partito che li esprime. «Siete malati di operaismo. Altro che giovani, siete vecchi». Cosimo, il più ragazzo dei 60 dissidenti, ricorda il rimbrotto del segretario regionale per quella che definì «la maretta» di Cosenza. «Abbiamo sbagliato noi. Pensavamo che con l’arrivo di Matteo Renzi ci sarebbe stato spazio per il rinnovamen­to. Invece non è cambiato nulla. Moltiplica­zione delle tessere, potere ai soliti noti. Come prima». I segni del disamore non si sono fermati. Nell’estate del 2016 i Giovani democratic­i di Reggio Calabria vengono commissari­ati dall’alto, via mail. I militanti reagiscono con una lettera dove si chiede di avviare «un nuovo tesseramen­to che, a differenza del passato, sia trasparent­e e in linea con i principi di legalità e democrazia interna». A settembre i giovani democratic­i crotonesi occupano la sede provincial­e del partito. «In segno di protesta contro l’intollerab­ile situazione di immobilism­o. Il Pd non è solo uno strumento nelle mani di pochi per raggiunger­e obiettivi personali che nulla hanno a che vedere con la bellezza del fare politica e costruire un mondo migliore».

I delusi

Massimo Canale si candidò alla segreteria regionale del Pd, supportato dal fronte cuperliano e bersaniano. Fu sconfitto per un pugno di voti da Ernesto Magorno. Ma questo non gli ha impedito di sostenere Renzi al referendum sulla riforma costituzio­nale. «Il Pd si è rivelato avaro nei confronti dei giovani calabresi. Le logiche correntizi­e creano un effetto respingent­e nei confronti di chi vorrebbe entrare. Nella nostra regione il partito è arroccato sui notabilati. Il punto è semplice: se Renzi fa davvero Renzi tutta l’attuale classe dirigente andrebbe messa in discussion­e. Ma avrà questo coraggio? Io sono pessimista. Prendiamo il caso delle ultime Regionali: Oliverio non è riuscito a dialogare con mondi diversi da quelli delle solite nomenclatu­re». Anche Gianluca Callipo parla di speranze tradite. Classe 1982, imprendito­re, renziano della prima ora. Membro dell’assemblea nazionale del Pd, sfidò Oliverio alle primarie per la Regione, ottenendo il 42% dei consensi. «Il processo di rinnovamen­to è fallito, non c’è stato abbastanza coraggio. I massimi dirigenti del Pd hanno deluso le aspettativ­e generate dall’avvento di Renzi. Da Roma hanno privilegia­to i risultati nel breve termine puntando sui capibaston­e, piuttosto che avere pazienza e investire su giovani dirigenti che magari non avrebbero garantito vittorie immediate. Senza interventi concreti, il rischio è che in Calabria alle prossime politiche i giovani votino in massa per i 5 Stelle».

La frana

Dopo quell’autunno del 2014 che sembrava una primavera, per il Pd e il centrosini­stra calabrese sono arrivate solo sconfitte. Lamezia Terme, Vibo Valentia, Crotone, e poi ancora Cosenza, la roccaforte rossa dove nel 2011 il centrodest­ra vinse per la prima volta nella storia. Al referendum il Pd è andato in ordine più sparso che altrove. Lo stesso Oliverio ha garantito l’appoggio al Sì solo dopo l’approvazio­ne di un emendament­o nella legge di Bilancio che eliminava l’incompatib­ilità tra l’incarico di presidente di Regione e quella di commissari­o alla sanità. La sua giunta venne azzerata a pochi mesi dall’insediamen­to causa le inchieste sui rimborsi dei consiglier­i regionali. Ne ha varata un’altra composta da tecnici e docenti universita­ri, con il benestare dell’attuale ministro dell’Interno Marco Minniti, l’uomo forte della politica calabrese. Ma da allora il suo percorso si è fatto molto accidentat­o. Da una parte viene accusato di impedire il rinnovamen­to, dall’altra subisce le pressioni dell’apparato deluso negli appetiti e nelle ambizioni, sorte condivisa con lo stesso Falcomatà, che alla vigilia di Natale ha dovuto varare in fretta e furia una nuova giunta comunale per soddisfare le richieste dei partiti e dei capicorren­te del Pd locale. Le parole prudenti di Oliverio riflettono una inclinazio­ne personale e la difficoltà di un equilibrio precario. «Ogni realtà locale, da Lamezia a Cosenza, ha la sua storia. Sicurament­e il nostro Pd

Sicurament­e il nostro Pd ha un problema di adeguament­o ai bisogni della gente È stata un’occasione persa la sconfitta al referendum Mario Oliverio Dopo il 2014 per il Pd e il centrosini­stra calabrese sono arrivate solo sconfitte

ha un problema di adeguament­o ai bisogni della gente. Non ci siamo sul territorio, manca la nostra proposta. Reputo la sconfitta al referendum una occasione persa e gestita in modo sbagliato: anche qui al sud esiste il voto di opinione, sganciato da ogni appartenen­za. Dobbiamo mettere in campo un vero progetto». A marzo la Calabria fece notizia per le elezioni del nuovo segretario generale dei Giovani democratic­i. Votarono in 5.156, il 20% del totale nazionale, che fu di 25.443. Quando c’è la passione.

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