La primavera tradita
Con Oliverio e Falcomatà sembrava iniziata un’altra fase Poi rivolte e fughe dei giovani
Le passioni non si spengono mai all’improvviso. Anche quelle politiche. Nel settembre del 2015 un intero circolo dei Giovani democratici di Cosenza decide di lasciare il Pd. Alla sezione Valarioti, dove alle pareti fanno bella mostra di sé foto di braccianti e di Enrico Berlinguer, se ne vanno in 60 su 67. «Il partito ha abbandonato i suoi tradizionali riferimenti sociali a favore dell’adozione delle peggiori pratiche trasformistiche. A livello locale i circoli sono solo strumenti di potere saldamente in mano ai big locali che pesano il proprio consenso personale con le tessere. Ai giovani che si avvicinano alla politica non resta che accodarsi al politico di turno e vivere il proprio impegno in questa forma degenerata nella speranza di ottenerne magari qualche beneficio personale». Non se ne accorge nessuno. Quelli sono ancora tempi in cui vige il racconto della Calabria felix, diventata tale per le sorti democratiche nel giro di un mese.
Il 29 ottobre 2014 Giuseppe Falcomatà segue le orme del padre Italo e diventa sindaco di Reggio Calabria. Poche settimane dopo Mario Oliverio conquista la presidenza della regione, sfilandola al centrodestra. I due vincitori esprimono le anime del partito. Il primo è giovane e renziano, il secondo è un navigato funzionario prima dalemiano e poi bersaniano.
La rabbia dei giovani
Sembra una sintesi perfetta, il nuovo e l’usato sicuro che avanzano insieme. Ma spesso i risultati elettorali non dicono la verità sullo stato di salute del partito che li esprime. «Siete malati di operaismo. Altro che giovani, siete vecchi». Cosimo, il più ragazzo dei 60 dissidenti, ricorda il rimbrotto del segretario regionale per quella che definì «la maretta» di Cosenza. «Abbiamo sbagliato noi. Pensavamo che con l’arrivo di Matteo Renzi ci sarebbe stato spazio per il rinnovamento. Invece non è cambiato nulla. Moltiplicazione delle tessere, potere ai soliti noti. Come prima». I segni del disamore non si sono fermati. Nell’estate del 2016 i Giovani democratici di Reggio Calabria vengono commissariati dall’alto, via mail. I militanti reagiscono con una lettera dove si chiede di avviare «un nuovo tesseramento che, a differenza del passato, sia trasparente e in linea con i principi di legalità e democrazia interna». A settembre i giovani democratici crotonesi occupano la sede provinciale del partito. «In segno di protesta contro l’intollerabile situazione di immobilismo. Il Pd non è solo uno strumento nelle mani di pochi per raggiungere obiettivi personali che nulla hanno a che vedere con la bellezza del fare politica e costruire un mondo migliore».
I delusi
Massimo Canale si candidò alla segreteria regionale del Pd, supportato dal fronte cuperliano e bersaniano. Fu sconfitto per un pugno di voti da Ernesto Magorno. Ma questo non gli ha impedito di sostenere Renzi al referendum sulla riforma costituzionale. «Il Pd si è rivelato avaro nei confronti dei giovani calabresi. Le logiche correntizie creano un effetto respingente nei confronti di chi vorrebbe entrare. Nella nostra regione il partito è arroccato sui notabilati. Il punto è semplice: se Renzi fa davvero Renzi tutta l’attuale classe dirigente andrebbe messa in discussione. Ma avrà questo coraggio? Io sono pessimista. Prendiamo il caso delle ultime Regionali: Oliverio non è riuscito a dialogare con mondi diversi da quelli delle solite nomenclature». Anche Gianluca Callipo parla di speranze tradite. Classe 1982, imprenditore, renziano della prima ora. Membro dell’assemblea nazionale del Pd, sfidò Oliverio alle primarie per la Regione, ottenendo il 42% dei consensi. «Il processo di rinnovamento è fallito, non c’è stato abbastanza coraggio. I massimi dirigenti del Pd hanno deluso le aspettative generate dall’avvento di Renzi. Da Roma hanno privilegiato i risultati nel breve termine puntando sui capibastone, piuttosto che avere pazienza e investire su giovani dirigenti che magari non avrebbero garantito vittorie immediate. Senza interventi concreti, il rischio è che in Calabria alle prossime politiche i giovani votino in massa per i 5 Stelle».
La frana
Dopo quell’autunno del 2014 che sembrava una primavera, per il Pd e il centrosinistra calabrese sono arrivate solo sconfitte. Lamezia Terme, Vibo Valentia, Crotone, e poi ancora Cosenza, la roccaforte rossa dove nel 2011 il centrodestra vinse per la prima volta nella storia. Al referendum il Pd è andato in ordine più sparso che altrove. Lo stesso Oliverio ha garantito l’appoggio al Sì solo dopo l’approvazione di un emendamento nella legge di Bilancio che eliminava l’incompatibilità tra l’incarico di presidente di Regione e quella di commissario alla sanità. La sua giunta venne azzerata a pochi mesi dall’insediamento causa le inchieste sui rimborsi dei consiglieri regionali. Ne ha varata un’altra composta da tecnici e docenti universitari, con il benestare dell’attuale ministro dell’Interno Marco Minniti, l’uomo forte della politica calabrese. Ma da allora il suo percorso si è fatto molto accidentato. Da una parte viene accusato di impedire il rinnovamento, dall’altra subisce le pressioni dell’apparato deluso negli appetiti e nelle ambizioni, sorte condivisa con lo stesso Falcomatà, che alla vigilia di Natale ha dovuto varare in fretta e furia una nuova giunta comunale per soddisfare le richieste dei partiti e dei capicorrente del Pd locale. Le parole prudenti di Oliverio riflettono una inclinazione personale e la difficoltà di un equilibrio precario. «Ogni realtà locale, da Lamezia a Cosenza, ha la sua storia. Sicuramente il nostro Pd
Sicuramente il nostro Pd ha un problema di adeguamento ai bisogni della gente È stata un’occasione persa la sconfitta al referendum Mario Oliverio Dopo il 2014 per il Pd e il centrosinistra calabrese sono arrivate solo sconfitte
ha un problema di adeguamento ai bisogni della gente. Non ci siamo sul territorio, manca la nostra proposta. Reputo la sconfitta al referendum una occasione persa e gestita in modo sbagliato: anche qui al sud esiste il voto di opinione, sganciato da ogni appartenenza. Dobbiamo mettere in campo un vero progetto». A marzo la Calabria fece notizia per le elezioni del nuovo segretario generale dei Giovani democratici. Votarono in 5.156, il 20% del totale nazionale, che fu di 25.443. Quando c’è la passione.