PROFILI RAZZIALI DELLA POLIZIA DI COLONIA, LIBERTÀ DI DIFENDERE MA SENZA IPOCRISIE
La «polemica di San Silvestro» sembra volere entrare nella tradizione di Colonia e della Germania. L’anno scorso, era stata seria ed era durata settimane, dopo che gruppi di uomini, in maggioranza nordafricani, avevano molestato e derubato centinaia di donne che, sulla piazza della cattedrale della città renana, volevano festeggiare il Capodanno. Violenze da ascrivere alla politica di apertura verso i rifugiati voluta da Angela Merkel e all’inefficienza delle forze dell’ordine — era l’accusa più forte. Oggi, le critiche sono rivolte ancora alla cancelliera e alla polizia, però per ragioni opposte. E piuttosto deboli. Per evitare la ripetizione del Capodanno 2016, quest’anno a Colonia sono stati mobilitati tremila agenti, novecento nella sola piazza del Duomo. I quali hanno impedito che ci fossero molestie facendo particolare attenzione a che gruppi di uomini dalle apparenze nordafricane non ripetessero le azioni di 12 mesi fa. L’accusa alle forze dell’ordine, ora, è quella di racial profiling, cioè di monitoraggio su basi razziali: i poliziotti tenevano d’occhio e circondavano più chi aveva capelli neri come un tunisino che non un biondo probabile tedesco. Per essere più efficiente e veloce, la polizia ha usato anche il termine Nafri per indicare i nordafricani. Una leader dei Verdi, Simone Peter, ha sollevato una questione di «proporzione e legalità» di un operato siffatto. Amnesty International ha parlato di «violazione dei diritti umani». Dibattito singolare. La polizia ha evitato un nuovo caso Colonia dieci giorni dopo che l’attentato di Berlino aveva sollevato un serio allarme sicurezza. Quanto a Nafri, è un’abbreviazione, nient’altro. Le garanzie di libertà sono importanti: si difendono però meglio con dosi minori di ipocrisia politicamente corretta.