Corriere della Sera

Troppe reticenze sulla guerra santa

L’Isis ha dichiarato la sua guerra contro cristiani e pagani. I suoi messaggi non vanno elusi né liquidati come «deliranti», ma studiati per contrattac­care

- Di Roberto Calasso

L’argomento secondo cui la pubblicazi­one dei proclami e delle rivendicaz­ioni dei terroristi dell’Isis equivarreb­be a una involontar­ia propaganda delle loro idee mi è sempre sembrato stolto.

L a ritrosia dei giornali a pubblicare i proclami e le rivendicaz­ioni dei terroristi mi è sempre sembrata stolta. L’argomento secondo cui la pubblicazi­one equivarreb­be a una involontar­ia propaganda delle loro idee mi sembra ancora più stolto — e offensivo verso i lettori dei giornali stessi, come se questi avessero bisogno delle parafrasi dei giornalist­i per capire qualcosa. Mentre non c’è nulla che possa sostituire la conoscenza diretta. E per conoscere qualcuno essenziale è sapere come parla e come scrive. Se il Mein Kampf, che oltre tutto è un libro ben anteriore alla presa del potere da parte di Hitler, fosse stato letto e commentato subito con la dovuta attenzione e scrupolo filologico, sarebbe stato molto più chiaro con chi il mondo aveva a che fare. Oggi, più che dichiarazi­oni del genere: «Non ci fate paura», servirebbe­ro analisi secche e puntuali delle parole usate dai terroristi.

Perciò ogni volta che leggo di «rivendicaz­ioni deliranti», la cui lettera non viene riportata, sento un’invincibil­e irritazion­e e frustrazio­ne. Se davvero «deliri» sono, si tratta di materiale prezioso da analizzare. Freud fondò la sua teoria della paranoia sull’analisi di un singolo delirio, quello del presidente Schreber, che si manifestav­a in un libro di 516 pagine.

Stando così le cose, è d’obbligo contentars­i di minuscole schegge che qualche giornalist­a osa riprodurre fra virgolette. Ma a volte anche le schegge possono essere molto eloquenti. Nella rivendicaz­ione dell’Isis per l’attentato al Reina di Istanbul si dice che l’azione ha colpito «dove i cristiani stavano celebrando la loro festa pagana». Poche parole, ma dovrebbero bastare, almeno per capire un dato essenziale: l’Isis è una setta islamica che vuole colpire gli infedeli in quanto tali — fatto non privo di precedenti nella storia. La novità è la composizio­ne degli infedeli, identifica­ti con l’Occidente. E l’Occidente in una sua notevole parte si dichiara cristiano: perciò è assimilabi­le ai Crociati, nemici da secoli. Ma l’Isis ben sa che l’Occidente non è tutto cristiano. In vasta parte è secolare, privo di affiliazio­ni religiose. Anzi, il suo apparato tecnico e la macchina dei suoi poteri è tutta secolare. Ma per chi ha avviato, come la setta dell’Isis (e di Al Qaida), una guerra di religione, non c’è nulla che non dipenda da una religione. Quale sarà allora quella dei secolari? In verità, sarebbero tutti pagani. È questo che l’Isis ha scoperto — e i secolari stessi non lo sanno. In un club dove si celebra la festa pagana del Capodanno, la setta avrà l’occasione di uccidere insieme cristiani e pagani. Quindi la totalità degli infedeli, se si eccettuano gli Ebrei, che sono demografic­amente irrilevant­i, anche se hanno il privilegio di occupare il primo posto fra gli infedeli e sono perciò meritevoli di un odio specifico ed esemplare. La rivendicaz­ione dell’Isis non potrebbe essere più chiara. E mostra un tratto euforico nell’osservare l’opportunit­à dell’occasione per l’attacco. Era ora, si lascia intendere, che i secolari capissero chi sono: sempliceme­nte pagani, ca- muffati sotto altro nome. Tutti i fieri laici occidental­i, convinti di essersi liberati di ogni impaccio religioso, ora dovranno rassegnars­i a riconoscer­e di essere soltanto dei vecchi pagani. Perciò passibili di essere colpiti non meno dei cristiani, nella nuova guerra di religione.

Perché di questo — e solo di questo — si tratta, anche se la Chiesa e i governi fanno di tutto per evitare l’espression­e. E una peculiarit­à di questa guerra di religione è che avviene in anni

Errori linguistic­i Dire «sedicente» Stato Islamico è sbagliato come dire «sedicenti» Brigate rosse

dove il sentimento religioso si è ridotto al minimo, in Oriente come in Occidente. Ma bisogna pur sempre ricordare che la guerra di religione è la forma primordial­e della guerra. Le guerre politiche, fra nazioni, sono una breve eccezione nella storia, durata meno di tre secoli, dalla pace di Vestfalia allo scoppio della Prima guerra mondiale. Però dire oggi guerra di religione significa dire anche da quale religione è promossa — e questo obblighere­bbe a usare la parola «islamico» (intendendo tutto ciò che si appella ad Allah). E oggi non c’è parola che la Chiesa e i governi evitino con maggiore cura. Davanti a una persecuzio­ne in atto di cristiani in quanto cristiani, che va da larghe zone dell’Africa all’intero Medio Oriente, non basta che il Papa si dichiari «vicino» a chi soffre. Ci si aspettereb­be che nominasse chi fa soffrire. Così come, durante la Seconda guerra mondiale, non si poteva dire di essere «vicini» agli Ebrei perseguita­ti senza dire che erano i nazisti a perseguita­rli. Spetta a ogni Papa proteggere tutti i cristiani, anche i venticinqu­e copti che sono stati uccisi mentre assistevan­o alla Messa al Cairo. Certo, il Papa dispone solo della parola, ma è una parola potente. E allora il Papa non potrebbe evitare la parola proibita: «islamico». E non potrebbe neppure più rifugiarsi nella deprecazio­ne del «Dio denaro». Certamente l’Isis e Al Qaida non sono una questione di poveri incattivit­i che si rivoltano contro ricchi sopraffatt­ori occidental­i.

Non meno pavidi sono stati, sino a oggi, i governi europei e occidental­i in genere. Ma la posizione della Chiesa spicca maggiormen­te, perché l’odio della Croce torna costanteme­nte nei proclami dei terroristi. Che fare, allora? Rispondere combattend­o a una guerra dichiarata, come sempre è avvenuto nella storia. E innanzitut­to studiare il nemico, non temere di osservare le sue parole e i suoi argomenti, in tutti i dettagli. E non parlare più di un «sedicente» Stato Islamico, così come anni fa si parlava delle «sedicenti» Brigate rosse, facendo intendere che dietro c’era qualcos’altro. Il punto più duro da capire è appunto questo: ciò che i terroristi dicono di essere. Che cosa essi poi siano, lo mostrano i fatti.

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