UN POPULISMO CHE IPOTECA L’AGENDA DEL GOVERNO
Ci sono due ragioni, soprattutto, che spiegano l’indurimento del governo sull’immigrazione. La prima, da leggersi in una prospettiva relativamente breve, è di tipo elettorale. Il Pd non si può permettere di andare alle urne, siano nel 2017 o nel 2018, senza almeno tamponare un problema dai contorni strutturali. La seconda pone problemi a più lungo termine, insieme politici e culturali. Riguarda una ostilità ai migranti diffusa e crescente, che non si limita solo alla Lega ma è fatta propria dal Movimento 5 Stelle: basta scorrere il blog di ieri di Beppe Grillo.
Oltre a stilare codici etici e prendersela coi giornalisti, Grillo ormai segue la strada che lo avvicina agli Usa di Donald Trump, e alla destra della francese Marine Le Pen e dei Paesi dell’Europa orientale. L’immigrazione è uno degli argomenti naturali che i movimenti antisistema utilizzano per mettere in difficoltà i governi. E questo vale in particolare per un’Italia che si sente abbandonata dalle istituzioni di Bruxelles sulla frontiera mediterranea. Criticare esecutivo e Europa per la presunta «invasione» di immigrati associati sbrigativamente al terrorismo di matrice islamica, permette di raggiungere più risultati.
Intanto, si attirano voti di settori di opinione pubblica spaventati, ben al di là dei confini del populismo tradizionale. Si costringe il governo a assecondare la «strategia dell’allarmismo», mettendolo davanti a contraddizioni di cui è solo in parte responsabile: a conferma che il rischio dei prossimi anni non è solo la vittoria di queste forze, ma l’ipoteca sull’agenda dei partiti tradizionali. In più, la polemica apre crepe vistose a sinistra, a livello nazionale e locale. E il Pd è la prima vittima.
Basta vedere le critiche piovute sul ministro dell’Interno, Marco Minniti, dopo la decisione
L’immigrazione diventa uno dei temi chiave non solo per la Lega ma anche per il Movimento 5 Stelle per creare crepe nella maggioranza