Le divisioni di Israele sul soldato che uccise un palestinese a freddo
Il tribunale lo condanna, Netanyahu chiede la grazia
Per sei mesi Nadav Weissman ha lasciato il completo due pezzi grigio e la cravatta nell’armadio. Ha indossato la divisa con le mostrine da tenente colonnello, richiamato in servizio come ufficiale riservista dallo Stato Maggiore che non voleva e non poteva perdere questa battaglia. Weissman, uno degli avvocati più temuti e pagati d’Israele, ha costruito testimonianza dopo testimonianza l’accusa contro il sergente Elor Azaria e i tre giudici della corte militare ieri gli hanno dato ragione su tutti i punti.
Maya Heller ha letto per tre ore il verdetto che ha smontato i tentativi della difesa, mentre fuori dal tribunale a Tel Aviv i manifestanti di estrema destra si scontravano con la polizia: il processo ha diviso la società israeliana, ha creato una spaccatura anche tra il governo e l’esercito. Gli oltranzisti e gli ideologi delle colonie hanno sventolato come un simbolo quegli undici minuti di una mattina di fine marzo a Hebron, quando il palestinese Adb Fatah-Al Sharif è stato freddato da Azaria mentre giaceva ferito a terra dopo aver tentato di accoltellare un soldato di guardia a un posto di blocco.
Autodifesa e giusta rappresaglia — «i terroristi vanno eliminati» — hanno gridato gli ultrà della politica. Omicidio colposo hanno decretato i giudici che non hanno accettato il racconto di Azaria e gli hanno addebitato la volontarietà: il soldato ha sostenuto di sentirsi minacciato dall’assalitore arabo, ancora si muoveva, la fucilata — ha ripetuto la difesa — avrebbe salvato il sergente e i commilitoni. Una versione smentita dal suo comandante e da un video girato da un’attivista di B’Tselem, l’organizzazione pacifista che denuncia gli abusi contro i palestinesi commessi dai soldati israeliani in Cisgiordania. La procura militare aveva incriminato il soldato, oggi ventenne, perché il 24 marzo del 2016 «aveva violato le regole d’ingaggio senza giustificazione operativa, il terrorista non rappresentava una minaccia immediata per l’accusato o le altre persone presenti».
Il premier Benjamin Netanyahu invoca il perdono immediato. Naftali Bennett, ministro dell’Educazione e capo del partito dei coloni, esalta l’atto di Azaria: «Ha ucciso un terrorista che meritava di morire, che stava cercando di colpire un altro militare. Non può essere ammanettato e condannato come un criminale». Avigdor Liberman, il ministro della Difesa, invita il «popolo israeliano a essere vicino alla famiglia» ma chiede di non criticare l’esercito e lo Stato Maggiore. Perfino Shelly Yacimovich, tra i leader laburisti all’opposizione, propone di valutare la possibilità della clemenza per evitare le fratture nel Paese «sull’orlo di esplodere». La grazia dovrebbe essere concessa dal presidente Reuven Rivlin, che per ora risponde: «È troppo presto». La sentenza con gli anni di condanna è attesa per il 15 gennaio.
Netanyahu aveva chiamato il padre di Azaria prima dell’inizio del processo e aveva
espresso il suo sostegno. Gli attacchi durissimi di altri ministri contro i comandanti avevano spinto Moshe Yaalon a lasciare il posto di ministro della Difesa. Da capo di Stato Maggiore, ha guidato le truppe negli anni della Seconda Intifada, delle operazioni in Cisgiordania e dei kamikaze palestinesi che si facevano saltare nelle città israeliane. Ha ritenuto inaccettabile che i politici accusassero i generali di vigliaccheria.
Come ieri ha continuato a fare Miri Regev, la ministra della Cultura molto vicina a Netanyahu: «Questo processo non avrebbe mai dovuto cominciare, se Azaria ha violato le procedure, era necessaria solo una punizione disciplinare decisa dai comandanti. Il messaggio che mandiamo ai nostri soldati è: siete soli sul campo di battaglia, combattete per noi ma noi non vi proteggiamo».
Le proteste Fuori dal tribunale a Tel Aviv i manifestanti di estrema destra si sono scontrati con la polizia
Cautela Sul perdono, il presidente Reuven Rivlin per ora risponde: «È troppo presto»