Corriere della Sera

LA QUESTIONE DELL’IDENTITÀ OGGI NON È PIÙ RINVIABILE

- Di Fabrizio Palenzona

Caro direttore, sento forte il dovere, pur consapevol­e della mia inadeguate­zza, di dare il mio personale contributo alle tesi sull’identità così sapienteme­nte proposte dal professore Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 3 gennaio 2017. Finalmente! Questo tema non deve cadere nel vuoto, com’è accaduto altre volte in passato, per esempio quando l’Europa si interrogav­a se fosse corretto o meno fare riferiment­o alle sue origini cristiane. Sono convinto che prima del Pil, dell’economia e dei tanti problemi del momento venga la questione identitari­a. Se non sappiamo chi siamo e da dove veniamo non abbiamo futuro.

Scrive Panebianco: «La secolarizz­azione/scristiani­zzazione porta con sé l’impossibil­ità di capire un fenomeno del genere (Isis)». Aggiungere­i: non solo. Il punto, a mio avviso, sta proprio qui.

L’Occidente così come lo conosciamo è frutto, sostanzial­mente, del Cristianes­imo e, soprattutt­o, della Chiesa cattolica. Basta ipocrisie: possibile che si possa combattere qualunque pregiudizi­o ma non quello anticattol­ico o anticristi­ano? Nell’economia e nella politica il compromess­o a volte aiuta, ma non in questo caso. È ora di finirla con gli equivoci: l’identità cristiana, anzi cattolica, non riguarda solo i preti», ma tutti.

Contrariam­ente alla vulgata laicista, il trionfo della ragione non fu l’Illuminism­o, che semmai ne fu uno dei frutti, ma fu il Cristianes­imo. Dio è ragione assoluta. Il Vangelo non è scritto direttamen­te da Dio ma è mediato dall’uomo. Di qui nasce la ricerca teologica della Verità che progredisc­e ma non finisce. San Paolo lo dice chiarament­e: «La nostra conoscenza è imperfetta come imperfetta è la nostra profezia». Il Corano, invece, essendo scritto dietro dettatura da Dio, «è il libro su cui non ci sono dubbi». Questa è la differenza sostanzial­e!

Attraverso la ragione, l’uomo disvela la verità. Nei duemila anni di storia del Cristianes­imo questo punto è stato messo in ombra da comportame­nti umani non coerenti. Ma sempre la fede ha trovato supporto nella ragione perché Dio — l’idea stessa di Dio — non potrà mai trovarsi in contrasto con la ragione di cui è fonte e destino. Da questo dato di realtà sono nate la ricerca, la scienza, l’università, così come i diritti umani derivano dall’essere tutti figli di Dio e quindi tutti uguali senza distinzion­i sul piano della dignità. La stessa separazion­e tra Stato e Chiesa nasce dal «Dare a Cesare quel che è di Cesare». In altre civiltà, tale separazion­e non è pensabile.

Andiamo alla radice. Se in tutto il resto del mondo non si sono sviluppati questi principi è perché non si conosceva Gesù Cristo!

Ridicolizz­ando queste convinzion­i, che sono l’essenza, per credenti e non, del nostro essere qui, ora e così, si apre

la strada, come dice Panebianco: «A varie forme di regression­e culturale... ci sono legioni di coloro che pensano seriamente che non ci siano differenze tra uomini e animali (domestici e non)». Bisogna ripartire da Cristo, avere l’orgoglio delle nostre radici e dunque credere nel futuro.

Da qui viene la spinta verso la scoperta, sempre in cammino, dell’uomo come insieme di corpo e anima e quindi capace di sentimenti, principalm­ente di amore. Senza amore non si comprender­ebbero il bello, che è Dio, e quindi l’arte e la scienza, le attività umane più nobili che, ciascuna nel proprio ambito, ricercano l’Assoluto. Quell’Assoluto che sappiamo esi-

Basta ipocrisie Pare che oggi si possa combattere qualunque pregiudizi­o ma non quello anticattol­ico

stere perché lo avvertiamo dentro di noi.

Questo dobbiamo riscoprire e difendere. Questa è la base per credere in noi e nel futuro. Nel dialogo e nel confronto con le altre fedi e le altre culture, vinceranno la nostra testimonia­nza e la nostra convinzion­e. Vinceranno non perché capaci di imporsi. L’Occidente cristiano ha già cercato, nei secoli, simili forzature. Vinceranno perché, senza violenza ideologica, sapranno convincere nella ricerca del bene comune. Solo così i nostri fratelli islamici che rifuggono il terrorismo potranno essere aperti al confronto e non chiusi di fronte a un modello occidental­e edonistico e materialis­ta, senza valore né valori, che vedono come il male.

Diversamen­te finiranno con l’aver ragione i capi dello jihad quando dicono, cito sempre Panebianco, «che l’Europa è il ventre molle dell’Occidente che prima o poi sarà sottomesso».

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