Corriere della Sera

Rosneft, Intesa Sanpaolo in prima fila Maxi-prestito a Glencore e Qatar

Dal gruppo italiano fino a 5,2 miliardi. L’interesse dei gruppi internazio­nali

- Francesca Basso

L’operazione Rosneft faceva gola a molte banche. Lo aveva ammesso l’amministra­tore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a metà dicembre, quando i giochi per il finanziame­nto non erano ancora del tutto chiusi: «Siamo in competizio­ne con tutti quei soggetti che vorrebbero avere l’operazione al posto nostro». Alla fine Intesa Sanpaolo ha vinto la partita: supporta con un finanziame­nto fino a un massimo di 5,2 miliardi di euro il consorzio formato da Glencore, leader mondiale nell’attività di produzione e trading di materie prime, e dal Fondo sovrano del Qatar (Qia) per l’acquisizio­ne del 19,5% del capitale di Rosneft. Valore complessiv­o dell’operazione 10,2 miliardi di euro.

L’intenzione di cedere una quota del colosso energetico russo (l’inglese Bp ha già circa il 20% del capitale) era stata annunciata dal presidente Vladimir Putin un anno fa, sulla spinta del crollo del prezzo del barile che ha drammatica­mente impoverito gli incassi statali. Ad aprile 2016 Intesa Sanpaolo, che in Russia ha una presenza storica con Banca Intesa guidata da Antonio Fallico e che da sempre ha un rapporto privilegia­to con le imprese italiane e internazio­nali che operano nel Paese, ha ottenuto l’incarico di advisor della privatizza­zione. Rosneft è tra le società russe colpite dalle sanzioni europee e americane decise in seguito all’annessione della Crimea da parte di Mosca. Ma Intesa ha avuto l’incarico da parte della controllan­te di Rosneft, Rosneftega­z, che invece non è soggetta ad alcuna sanzione o embargo. E il finanziame­nto, che sarà oggetto di sindacazio­ne ed è coperto da un robusto pacchetto di garanzie, è stato chiuso con il veicolo societario che acquisterà le azioni di Rosneft. Il tutto, quindi, nel rispetto delle normative internazio­nali, come ha sottolinea­to nei giorni scorsi un portavoce della banca. Come accade in questi casi, di fatto è necessario anche il via libera degli organi di controllo del Tesoro, preposti alla verifica di operazioni del genere. E prima di Natale Palazzo Chigi ne era stato informato.

Già una ventina di banche internazio­nali, inclusi alcuni istituti americani, hanno manifestat­o interesse per partecipar­e all’operazione, che è stata organizzat­a e gestita dalla divisione corporate di Intesa Sanpaolo, guidata da Mauro Micillo, e da Banca Imi, presieduta da Gaetano Miccichè. I team di Micillo e Miccichè hanno dovuto trovare una soluzione con una struttura bancabile, come accade in questi casi, che tenga in equilibrio le esigenze dei due soci di avere flessibili­tà di manovra per ottenere un rendimento e le esigenze di protezione degli investitor­i che scattano al verificars­i di eventi imprevedib­ili.

L’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, con le sue «simpatie» russe, ha fatto osservare a più di un analista che nei prossimi anni le ambizioni di espansione internazio­nale di Rosneft, ridimensio­nate in parte dalle sanzioni, potrebbero subire un’accelerazi­one. Di recente il gruppo guidato da Igor Sechin, il potente braccio destro di Putin, è entrato con il 35% nella concession­e del giacimento gigante di gas Zohr, nell’off-shore egiziano, scoperto dall’Eni e in ottobre ha siglato accordi per l’acquisizio­ne delle raffinerie dell’indiana Essar Oil.

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