L’accanimento (incomprensibile) anti-voucher
Era dal 1991 che la Germania non registrava un’occupazione così alta: 43,4 milioni di persone con un lavoro. Una crescita dell’1% nel 2016 rispetto al 2015. 425 mila posti in più dicono le statistiche. Un risultato dovuto a una buona crescita che le stime dell’Europa collocano all’1,9% nel 2016 e che continuerà all’1,5% nel 2017. Ma anche al contributo legato a strumenti di flessibilità all’ingresso nel mondo del lavoro come i mini job. Impieghi tanto flessibili quanto pagati poche centinaia di euro (450 per 15 ore), cifre modeste ma che permettono comunque di mantenere tassi di disoccupazione bassissimi, attorno al 6%.
Come spesso accade si tende a generalizzare. Ma sotto l’ombrello dei mini job ci sono molti diversi casi, da quello di casalinghe, pensionati e studenti che li usano per incrementare il proprio reddito e senza particolari oneri fiscali; a quello di settori come il commercio,
Germania In Germania i mini job hanno garantito un elevato tasso di occupazione
i servizi, l’agricoltura, che li usano per temporanei aumenti dell’occupazione; a infine le piccole e medie imprese che hanno spinto fortemente sull’automazione e usano i mini job come strumento di riduzione del costo del lavoro. Di sicuro assieme a molti problemi (uno per tutti: la copertura pensionistica a causa del minore ammontare dei contributi versati), per la Germania hanno rappresentato la possibilità di rendere più concreto un impiego per molte fasce di popolazione restate fuori dal mondo del lavoro. I voucher italiani potrebbero essere quello che i mini job sono in Germania? Sicuramente no. Diverso lo strumento e le regole.
Ma quello che non si capisce è l’accanimento contro di essi. Si grida all’abuso e all’illecito che pure ci sarà. Ma, come ricordava ieri il giuslavorista Pietro Ichino a Lapresse, la loro abolizione farebbe perdere «occupazione marginale», ma non farebbe diminuire di certo «abusi e sfruttamento».