Corriere della Sera

Le Province al voto battono cassa: «Ora un miliardo»

«Tra strade e scuole ci vuole un miliardo» Allo studio del governo un decreto legge Oggi il voto in 30 aree

- Di Enrico Marro

Oggi al voto in più di 30 Province. Ma è corsa contro il tempo per il loro futuro. Nei prossimi giorni ci sarà una riunione di governo per valutare la richiesta delle Province che chiedono un miliardo.

Nei prossimi giorni ci sarà una riunione di governo per valutare la richiesta delle Province di avere altri fondi per evitare, come denuncia l’Upi, l’Unione delle Province italiane, che questi enti non chiudano i bilanci e falliscano. Le Province, infatti, hanno cambiato nome ma ci sono ancora.

Dopo i tentativi falliti dei governi Monti e Letta di abolirle, con la legge 56 del 2014, la cosiddetta riforma Delrio, le Province sono diventate «enti di area vasta» di secondo livello, cioè eletti a suffragio ristretto dai sindaci e dai consiglier­i comunali dei municipi presenti sul loro territorio. Oggi si svolgono le elezioni indirette in una trentina di Province. Dovevano essere 38, ma a Pescara, Chieti, Isernia, Potenza, Matera, Foggia, Taranto, Brindisi e Lecce sono state rinviate causa maltempo.

Le funzioni delle Province sono state ridotte e i dipendenti più che dimezzati, passando da circa 43 mila a 20 mila. La loro spesa corrente è scesa da 7,5 miliardi nel 2013 a 4,8 nel 2016. Ma le Province o aree vaste che siano (ce ne sono 76 in tutta Italia) si occupano ancora, come spiega il presidente dell’Upi e sindaco di Vicenza, Achille Variati, di «120 mila chilometri di strade, spesso le uniche che raggiungon­o determinat­e località, e di 5 mila scuole superiori dove studiano 2,5 milioni di studenti».

In seguito alla riforma Delrio, la Finanziari­a 2015, la prima del governo Renzi, stabilì un taglio di un miliardo (750 milioni a carico delle Province e 250 delle Città metropolit­ane), cui si aggiungeva un altro miliardo nel 2016 e un altro ancora nel 2017. Con tre miliardi di fondi in meno quest’anno, sostiene l’Upi, «nessuna Provincia sarebbe in grado di chiudere i conti». La legge di Bilancio ci ha messo una toppa, con un fondo da 960 milioni per gli enti locali, quindi anche per Regioni e Comuni. La ripartizio­ne delle risorse dovrà avvenire con un decreto della presidenza del Consiglio. Le Province puntano ad ottenere l’annullamen­to dei 750 milioni di tagli (100 riguardano gli enti delle Regioni a Statuto speciale) che altrimenti scatterebb­ero quest’anno. Ma se anche ci riuscisser­o — e sarà difficile, perché Regioni e Comuni reclamano la loro parte — non basterebbe, sostiene l’Upi. Quest’anno infatti, dice l’associazio­ne, le Province non potranno più ricorrere ai residui di bilancio che l’anno scorso le norme hanno consentito fossero usati per le spese correnti né alla rinegoziaz­ione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti, anche questa già fatta nel 2016.

Per assicurare la manutenzio­ne ordinaria di strade e scuole nel 2017 «servono come minimo 300 milioni, altrimenti c’è il rischio di dover chiudere gli istituti perché non più sicuri», denuncia Variati. L’anno scorso, per queste stesse voci, le Province ottennero dal governo 100 milioni che furono dirottati dagli stanziamen­ti a disposizio­ne dell’Anas, la società del ministero dell’Economia per le strade e autostrade.

Per valutare le richieste sul 2017, i ministeri interessat­i e la presidenza del Consiglio terranno appunto una riunione nei prossimi giorni. All’orizzonte potrebbe esserci un decreto legge. Al pressing dell’Upi si unisce quello dei sindacati. Secondo la Funzione pubblica Cgil, «le Province sono in una situazione di collasso economico a causa dei ripetuti tagli» e parte dei dipendenti «subiscono decurtazio­ni del salario».

Il pressing Al pressing dell’Unione delle Province si sono aggiunti i sindacati: «Si rischia il collasso»

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