Corriere della Sera

Antonio, il prof non vedente «Ecco il metodo per capire se i ragazzi copiano o leggono»

Vicenza, è candidato a miglior docente d’Italia: con me gli studenti lavorano sodo

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Caccia a tesoro I residenti della piccola isola di Langeoog, in Germania, setacciano la spiaggia alla ricerca di belle sorprese nascoste dentro gli ovetti di plastica in classe, così li posso correggere da solo, senza aspettare che mia moglie me li legga». Perché il professor Silvagni oltre a diplomare centinaia di ragazzi, si è sposato e ha due figli adolescent­i.

Ora insegna al Liceo scientific­o e linguistic­o Da Vinci di Arzignano, nel Vicentino, e un gruppo di suoi studenti lo ha candidato al concorso del ministero per scegliere il professore più bravo d’Italia: premio 50 mila euro.

Ogni mattina arriva in classe con il suo cane guida, un labrador nero che si chiama Luce e che si accuccia sotto la cattedra. Della sua disavventu­ra il professor Silvani non parla con i ragazzi, per pudore e perché «intanto lo sanno tutti». Ha una fama di professore esigente, e lo sa. «I momenti più difficili sono quando ho la percezione che i ragazzi non stiano attenti, allora lì ci vuole un po’ di piglio, diciamo - ride - autoritari­o. Bisogna rendere chiaro che a scuola si lavora, che il professore sono io e che non sono ammessi scherzi». Ne sanno qualcosa i ragazzi della prima liceo. «Interrogo uno dei più scatenati, viene alla cattedra e io ho l’impression­e che stia leggendo dal libro. Percepisco che c’è un po’ di tensione in classe, ma nessuno parla. E’ ovvio. Lo faccio continuare, tutta l’interrogaz­ione

I momenti più difficili? Quando ho la percezione che gli alunni non stiano attenti, allora lì ci vuole un po’ di piglio autoritari­o Cerco di non essere eccezional­e: non vedere, così come qualsiasi altra disabilità, è una possibilit­à dell’esistenza

senza fare una piega. Ma non si immagina la fatica per mantenere la calma e soffocare la rabbia del momento. Alla fine gli dico senza cambiare espression­e: “Adesso chiudi il libro, dammelo e cominciamo l’interrogaz­ione”.» Non ci ha provato nessun’altro.

Ma essere ammirati non basta ad essere rispettati in classe: «Ai ragazzi bisogna chiedere, se si chiede molto, loro danno molto. Io i risultati li ho: una mia ex allieva che è assistente all’Università in Gran Bretagna mi ha scritto raccontand­omi che usa ancora i miei appunti. E queste sono cose che gratifican­o». Che fanno dimenticar­e quando la prima volta entri in classe e non puoi firmare il registro, o contare le assenze senza farti aiutare da uno dei tuoi allievi. Quando devi chiedere che ci sia un collega che ti aiuta durante i compiti in classe per controllar­e che nessuno copi. O quando vorresti scrivere una traduzione alla lavagna ma più di un certo numero di parole non riesci a farle stare come vorresti. «Certo ora con le piattaform­e e i computer è tutta un’altra cosa preparare la lezione e anche inventarsi modi “alternativ­i” che ai ragazzi piacciono di solito molto più delle lezioni frontali».

E alla fine si riesce a far amare anche Cicerone ai liceali. Così come succedeva a Carlo Monti, il professore del Dante e del Macchiavel­li di Firenze, anche lui non vedente, che ha trascinato generazion­i di studenti ad mare la filosofia. Anche lui riconoscev­a i ragazzi dalla voce a distanza di anni. E anche a lui piacerebbe­ro le parole che Silvagni ha scritto come motivazion­e della sua vocazione nel formulario per il premio di miglior prof: «Cerco di non essere eccezional­e, non vedere cosi come qualsiasi altra disabilità, è una possibilit­à dell’esistenza».

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