L’UNITÀ DI MISURA CHE MANCA VALIDA PER TUTTI I SOCIAL
La svolta dell’Auditel che un anno dopo il caso dei panel inquinati ha annunciato il futuro passaggio dal calcolo sul campione dei dati a quello censuario — cioè su tutti gli utenti grazie alla tecnologia tracciabile di smartphone, tablet e smart tv — è un segno chiaro della volontà riformatrice dell’ente da cui dipende il sacro totem, per i pubblicitari, dello share. Ma allo stesso tempo, come un cavallo di Troia, questo passaggio introduce un altro problema enorme, non solo italiano: su Internet si sta verificando un dilemma che era già noto agli antichi romani, sintetizzato dalla locuzione quis custodiet ipsos custodes? Chi controlla i controllori? Un tema accentuato dalla natura oligopolistica della Rete che fa sì che, in questo caso, i controllori siano anche i controllati. Un ginepraio di conflitti di interesse. In sostanza Facebook e Google, che detengono insieme oltre il 60 per cento del mercato della pubblicità online nei Paesi occidentali, sono anche le uniche società che hanno la tecnologia per «misurare» cioè che avviene in Rete: video, utenti unici, tempi di permanenza, like. Chiunque ambisca, come l’Auditel, a conoscere queste metriche non può nemmeno sognare di farlo in casa, ma deve ricorrere sempre a loro: controllati, controllori e, in definitiva, maestri di qualunque cerimonia. La vera domanda da porsi è se ciò che accade in Rete sia misurabile in maniera univoca. E la risposta è no: la retorica di un luogo in cui un tweet vale
un tweet e un like vale un like, come se fosse un voto, è un miraggio.
Il fatto che la Rete sia non solo luogo di trasparenza ma anche misurabile univocamente è un errore tecnologico, ancora prima che culturale, come dimostrano i casi della cosiddetta «post-truth», la post-verità che tanto ha acceso i dibattiti nell’elezione di Donald J. Trump, e del «postlike», cioè il like rivisto e corretto. Da quando lo scorso agosto Facebook ha dovuto riconoscere che sovrastimava le metriche sui video — cioè l’area a maggiore crescita pubblicitaria
Tecnologie Soltanto Facebook e Google possono quantificare quello che avviene in Rete
e quella su cui si sta combattendo il sanguinoso duello con la tv per la misurazione dell’audience tradizionale — e che sbagliava quelle sui like il sospetto corre online e offline: quanto è affidabile la società del pollicione? Ciò che ne emerge è un mondo più aleatorio di quanto pensassimo: con 1,7 miliardi di utenti è stato ingenuo pensare che ci fosse un «conta-like» al dettaglio e non all’ingrosso. A tutto ciò si aggiunge il tema della privacy: le autorità europee stanno combattendo per difendere gli utenti da una schedatura di massa da cui non si potrebbe tornare indietro. I media si trovano in mezzo: la tv migra sempre di più sulla Rete e il fatto di vederla sempre su un device che chiamiamo «televisione da salotto» non cambierà le cose visto che passa via Internet. Anche per questo motivo lo stesso ad del- la Rai, Campo Dall’Orto, ha riconosciuto che su queste trasformazioni i canali di Stato sono ancora indietro. Anche i media online rischiano perché con la profilazione sempre più spinta Facebook e Google puntano a pianificare la pubblicità non per testate ma direttamente per utenti, con un vantaggio competitivo dal punto di vista tecnologico che rischia di rendere il duopolio ancora più accentuato. «Ricordo com’era Internet prima che fosse controllato: la più grande invenzione della storia dell’uomo» diceva Edward Snowden nel documentario CitizenFour di Laura Poitras. Parlava dei controlli della Nsa. Ma lo stesso discorso vale per gli affari dove la promessa di maggiore trasparenza potrebbe rivelarsi più complicata da raggiungere di quanto si creda.