Sempre più gli «stremati» Soprattutto fra i giovani
Non c’è nessuna ragione, fisica o psichica, che possa spiegare una sensazione di spossatezza che non passa? Allora è probabile che la colpa sia di uno stile di vita incompatibile con il ritmo naturale del nostro orologio biologico. Ma il modo per ritrovar
in gergo medico, compare sempre più spesso nelle cartelle cliniche: negli ultimi dieci anni c’è stata un’impennata, soprattutto fra i più giovani — conferma Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) —. Il primo passo è sempre capire se si tratta di un sintomo secondario a un’altra patologia. Anemia, malattie della tiroide, carenza di vitamina D sono alcuni dei disturbi che possono indurre una sensazione di fatica che non passa neppure riposando. Lo stesso vale per alcuni malesseri psichici, l’astenia è una delle prime manife- stazioni della depressione. Prima di pensare ad altre, possibili cause è quindi essenziale escludere che sentirsi sempre esausti dipenda da problemi organici o psicologici e, in caso sia così, è ovviamente necessario prima di tutto risolvere la patologia di base».
Quando non c’è nulla che possa spiegare la fiacca già di primo mattino è probabile che la colpa sia di uno “squilibrio” nello stile di vita che cozza con il ritmo del nostro orologio biologico. Mary Harrington, dello Smith College di Northampton in Massachusetts, indagando i correlati biologici della stanchezza senza altre Chi al mattino fatica ad alzarsi deve cercare di stare all’aperto e quindi alla luce naturale, fin dalle prime ore della giornata, per esempio andando a piedi in ufficio cause ha scoperto che un’alterazione dei ritmi circadiani può indurla senza che ci sia, per esempio, nemmeno un deficit di sonno.
Tutto dipende dall’attività del nucleo cerebrale soprachiasmatico, un pugno di circa 20mila neuroni che danno il ritmo alle nostre giornate in base al ciclo luce/buio.
«A questo nucleo arriva dalla retina un fascio nervoso diretto e ancestrale che indica solo se c’è o meno luce; sulla base dell’informazione i neuroni inviano segnali per la produzione di sostanze come la melatonina, l’ormone del riposo, che viene secreto col buio e provoca sonnolenza — spiega Roberto Manfredini, cronobiologo dell’Università di Ferrara —. In questo periodo di giornate più brevi e minor luce, quindi, si produce più melatonina ed è possibile provare più spesso un affaticamento che non è fisico né dovuto al lavoro, quanto piuttosto mentale: ci si sente giù di tono, il sonno non è riposante, viene voglia di mangiare carboidrati che a loro volta inducono sonnolenza.
«L’antidoto? Esporsi alla luce quanto più possibile —risponde Manfredini—. Chi al mattino fatica ad alzarsi deve cercare di stare fuori, alla luce naturale, fin dalle prime ore della giornata, per esempio andando a piedi in ufficio; chi a metà pomeriggio, con l’arrivo del buio, sente accentuarsi la stanchezza deve provare a ritardare la produzione di melatonina esponendosi alla luce artificiale, magari quella blu degli schermi di tablet e telefonini in questo caso assai utile. È infatti una luce molto efficace nel bloccare la melatonina e tenere svegli, per cui nel pomeriggio può essere una risorsa per chi è più fiacco perché allontana il sonno, mentre va sempre evitata dopo cena. Al pomeriggio inoltre, meglio non mangiare carboidrati per non accentuare la sonnolenza: le proteine sono da preferire, favoriscono l’allerta».
«L’alterazione dei ritmi circadiani è fra le cause dell’astenia senza altri motivi: la diffusione della stanchezza fra i più giovani è spesso una diretta conseguenza di stili di vita irregolari in cui non si fa sufficiente attenzione ai cicli luce/ buio e sonno/veglia — sottolinea Brignoli —. Per combatterla, quindi, è senz’altro utile dormire con regolarità, cercando di seguire il ritmo della luce solare senza invertire il giorno con la notte o quasi; una dieta sana e un’attività fisica adeguata e costante sono poi altrettanto utili».