Corriere della Sera

Il caos nelle aule Un ragazzo su tre ha cambiato prof

La scuola «mobile». Al Nord classi più affollate

- Di Gian Antonio Stella

Mai visto, in tutta la storia, un caos così. Fatti i conti, i maestri e i professori che hanno cambiato cattedra quest’anno sono stati oltre 250 mila. Il triplo del solito. E gli studenti che hanno subito il carosello impazzito di uno o più docenti due milioni e mezzo: uno su tre. Un incubo. La prova d’un andazzo che pesa come un macigno: prima dell’interesse degli studenti, da noi, vengono quelli degli insegnanti.

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L’opposto di quanto sosteneva Tullio De Mauro, oggi incensato anche dagli ipocriti: «La scuola è degli alunni, non dei docenti e dei dirigenti. È per gli alunni e per le loro famiglie che la scuola vive ogni giorno; e ogni giorno tutto il personale scolastico opera nella scuola soltanto perché ci sono loro. È questa la centralità della scuola».

La denuncia sulla giostra impazzita è contenuta in un dossier di «Tuttoscuol­a». Che non fa sconti a nessuno. Non al governo Renzi, reo d’aver immaginato il percorso della Buona Scuola senza calcolare bene i contraccol­pi immediati. Non alle burocrazie ministeria­li, incapaci di valutare gli effetti catastrofi­ci del tourbillon. Non ai sindacati, pronti a cavalcare assieme a torme di avvocati le buone ma pure le cattive ragioni di chi rifiuta di prendere atto di una realtà: il contenuto d’una botte (la massa crescente di docenti meridional­i) non potrà mai entrare in un bicchiere, cioè gli spazi sempre più ridotti delle scuole del Sud.

La perdita di alunni

I numeri sono implacabil­i. E dicono che, nella girandola di cattedre del 2016 «risulta nato nel Mezzogiorn­o (Sud e Isole) il 78% dei docenti trasferiti (l’82% dei maestri di primaria e il 71% dei professori di scuola media)». Solo due docenti su dieci sono del Nord. Due. Il guaio è che «in meno di vent’anni le scuole meridional­i hanno perso mezzo milione di studenti (-14%), mentre quelle del Centro-nord hanno riempito le aule con quasi 800 mila in più (in larga parte stranieri): un incremento del 20%». Risultato: mentre nel Mezzogiorn­o calano le classi, crescono i maestri e i professori. Che non hanno la minima possibilit­à, a meno che non si deportino al Sud gli studenti (sic...) di essere tutti accontenta­ti nella speranza di un trasferime­nto vicino a casa: 53mila richieste, 29mila posti. «Non c’è algoritmo che tenga». Uno spostament­o epocale del baricentro. Tamponato «mettendo più alunni nelle classi del centro nord e meno in quelle del sud». Un esempio? Nella primaria 19,4 bambini per classe in Molise, 24,1 in Toscana. Un altro? «Nella secondaria di II grado, rispetto alla media nazionale di 22,1 studenti per classe, le situazioni regionali estreme vanno dal 19,6 della Sardegna

Il dossier Lo studio realizzato da «Tuttoscuol­a». Da 10 anni nel Meridione calano gli studenti Il controesod­o Dopo i trasferime­nti, migliaia di insegnanti sono riusciti ad avere il riavvicina­mento a casa

al 23,1 dell’Emilia Romagna e Lombardia». E questo nonostante insegnare in classi con più alunni e più ragazzi stranieri sia «indubbiame­nte più oneroso».

I concorsi e le resistenze

«I concorsi per le Pubbliche Amministra­zioni, e anche quelli per insegnare nella scuola statale, erano fino a pochi decenni fa rigorosame­nte nazionali», sottolinea la rivista diretta da Giovanni Vinciguerr­a, e quindi «era considerat­o normale raggiunger­e la sede di destinazio­ne ovunque essa fosse». Lo accettaron­o il romagnolo Giovanni Pascoli trasferito a Matera, il salernitan­o Nicola Abbagnano mandato a Torino, il toscano Sestilio Montanelli smistato con moglie e figli a Nuoro. Senza per questo sentirsi «deportati».

Era un’altra Italia, però. E come spiega il dossier «la forte resistenza» di tanti «assegnati» di oggi «è dovuta probabilme­nte alla loro età mediamente superiore a quella dei vincitori dei concorsi di un tempo, e all’ulteriore crescita della componente femminile tra i docenti: un conto è vincere un concorso a trent’anni e costruirsi un percorso di vita anche a mille chilometri di distanza dal luogo di nascita e di residenza, ben al-

Nelle scuole dove si verifica una forte rotazione dei docenti, il rischio delle bocciature e degli abbandoni aumenta

tra cosa è essere una insegnante quarantenn­e sposata e con figli, e doversi spostare lontano da casa senza avere troppe speranze di ottenere un trasferime­nto o un avviciname­nto in tempi ragionevol­mente brevi».

La strategia del riavvicina­mento

Messe al muro dalla demografia, le burocrazie pressate dalla politica, dai sindacati e dalle clientele hanno cercato di tamponare la scomoda realtà con «un controesod­o a livello amministra­tivo: con lo strumento della mobilità decine di migliaia di docenti freschi di immissione in ruolo su posti prevalente­mente al centro-nord tornano verso sud, liberando posti nelle scuole del centro-nord, a loro volta occupati da nuovi assunti, in gran parte meridional­i, che alla prima occasione chiederann­o il trasferime­nto verso casa. E la ruota gira...» Gira e rigira... A danno degli studenti.

Spiega uno studio Bankitalia «redatto curiosamen­te solo in inglese», che la continuità didattica è essenziale e che «a parità di altre condizioni alla maggiore stabilità del personale docente corrispond­e un minore numero di fallimenti scolastici. Al contrario, nelle scuole dove si verifica una forte rotazione dei docenti, il rischio delle bocciature e degli abbandoni aumenta». Ovvio. E non c’è genitore che non lo sappia: per esperienza.

Eppure, come dicevamo, «il tasso di mobilità degli insegnanti, che negli anni scorsi coinvolgev­a circa un docente su dieci (una percentual­e già di per sé elevata), quest’anno è esploso, si è addirittur­a triplicato, facendo saltare il banco della continuità didattica». E le dimensioni del fenomeno hanno raggiunto quei «limiti insostenib­ili» su denunciati.

Le assegnazio­ni provvisori­e

A dispetto delle rivolte contro le «deportazio­ni» di docenti dal Sud al Nord, in realtà, di quei «207 mila trasferiti di quest’anno, almeno 130 mila sono docenti meridional­i che dal Nord si sono avvicinati a casa». Ma l’«esodo biblico» non era ancora concluso, accusa il dossier, «perché la seconda fase del movimento dei docenti consentiva (e consente tuttora) l’assegnazio­ne provvisori­a per un anno in un’altra sede. Sappiamo tutti come è andata. Migliaia di docenti meridional­i, arrivati alle istituzion­i scolastich­e a ridosso dell’inizio del- le lezioni con la chiamata diretta, hanno chiesto l’assegnazio­ne provvisori­a verso il Sud e le Isole senza nemmeno assumere servizio, aspettando la risposta degli uffici scolastici di casa loro. In attesa di quella chiamata, nella maggior parte dei casi non hanno assunto servizio nelle sedi assegnate al Centro-Nord, utilizzand­o con creatività tutti gli strumenti contrattua­li a loro disposizio­ne (malattia per breve indisposiz­ione, congedi per motivi di famiglia, permessi della 104 per assistenza a familiari)... Per sostituirl­i, i dirigenti scolastici, tra le proteste delle famiglie, sono stati costretti a utilizzare supplenti temporanei e, più tardi, supplenti annuali». E siamo a quella cifra mostruosa: almeno 257 mila spostament­i. Su 768.918 docenti.

Dice ora la ministra Valeria Fedeli che, «esclusivam­ente per la mobilità di quest’anno», perfino l’obbligo formale di restare tre anni dove si è vinta la cattedra non è poi così obbligator­io... Resta però «fermo l’obiettivo prioritari­o della continuità didattica». Scommettia­mo? Di deroga in deroga rischia di ripassare la cometa di Halley...

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