Corriere della Sera

Dalla prima intifada a oggi Ruspe e auto trasformat­e in armi letali

Niente posti di blocco Gerusalemm­e la città più colpita perché gli assalitori possono arrivare dai quartieri orientali senza passare i posti di blocco

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE A GERUSALEMM­E D. F.

Il primo a guardarlo negli occhi è stato l’autista dell’autobus, quando ancora pensava che quell’enorme ruspa gialla stesse solo facendo una manovra sbagliata. L’ultimo, il poliziotto che gli ha sparato per fermarlo. Hosam Taysir Dwayyat è uscito a caccia con il bulldozer che ogni giorno usava al lavoro. A caccia di auto e pedoni. Su per via Jaffa in contromano, nel traffico soffocante di Gerusalemm­e. È il 2 luglio del 2008 e Hosam ripete il gesto compiuto ventuno anni prima da un altro palestines­e che ha scagliato l’auto contro una pattuglia di soldati israeliani in un campo rifugiati attorno a Nablus, Cisgiordan­ia. Erano i tempi della prima intifada, da allora la violenza è continuata. I camion o le macchine trasformat­i in armi sono utilizzati soprattutt­o da quelli che i servizi segreti definiscon­o «lupi solitari»: non appartengo­no a gruppi terroristi­ci, pianifican­o la strage nel chiuso delle loro stanze, escono per andare al lavoro, si buttano a tutta velocità sui passanti, civili o militari. Da quando un anno e mezzo fa i palestines­i hanno intensific­ato gli attacchi per le strade, gli attentati con i veicoli — calcola il ministero degli Esteri israeliano — sarebbero stati una quarantina. La tattica del terrore è stata elogiata dai portavoce dello Stato Islamico in un messaggio via Telegram: «È un’idea nata dalle menti dei palestines­i, che sono sempre innovativi nel creare strategie per la guerra santa». Gerusalemm­e è la città più colpita perché gli assalitori possono arrivare dai quartieri orientali senza dover passare i posti di blocco, guidano auto o camion con targa israeliana, vanno a lavorare a Ovest, spesso impiegati nei cantieri edili, così ruspe e scavatrici sono trasformat­e in munizioni. Il governo del premier Netanyahu è restio a innalzare barriere per separare le parti arabe catturate nel 1967, significhe­rebbe sancire la divisione della città dichiarata dal Parlamento capitale nella sua totalità, una decisione che la comunità internazio­nale non riconosce. «Le contromisu­re non sono semplici da individuar­e — scrive in un rapporto il Meir Amit Intelligen­ce and Informatio­n Center — perché questi attacchi non richiedono una pianificaz­ione o una logistica complesse. Proteggere fermate dell’autobus e aree pedonali con blocchi di cemento è un primo passo ma non è possibile rendere impenetrab­ili tutte le vie di una città».

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