L’ex signora Zuma favorita nella corsa per la poltrona che fu di Mandela
Patto segreto con il presidente sulla successione
non riconosciuto dalla comunità scientifica mondiale. Sotto Thabo Mbeki è stata ministro degli Esteri, e quando Jz brigò per defenestrare Mbeki, lei, che ne era sostenitrice, fu una delle poche figure a non essere cacciata dal governo, dove fu spostata agli Interni. Con Zuma si erano conosciuti nello Swaziland nei primi anni Ottanta, dove Nkosazana lavorava come pediatra e Jacob era il capo delle spie dell’Anc.
Poi sono arrivate 4 figlie femmine (in totale Zuma ha una prole riconosciuta di 22 elementi), e il divorzio. Nonostante la rottura, o forse proprio grazie a quella, Jz e Nkosazana sono diventati una «ex coppia di potere». Molto potere. Lui inguaribilmente poligamo, lei politicamente fedele. Nel 2012, il presidente ha favorito l’elezione dell’ex moglie alla carica più importante del continente, prima donna a guidare la disastrata Ua. Lo fece per interesse: temeva che lei potesse scalzarlo dalla poltrona di leader Anc nella gara del 2014. Adesso Jz lavora per il risultato opposto: farsi sostituire dalla ex. Ha paura di non godersi la pensione da uomo libero. Finora è sempre riuscito a placare i morsi della magistratura (centinaia di capi d’imputazione per corruzione), perché il partito ha fatto da tappo alle inchieste. Ma con l’Anc in grave crisi (alle ultime elezioni provinciali ha perso Pretoria e Johannesburg) e l’opposizione di Alleanza Democratica guidata da un carismatico nero di Soweto, Jz potrebbe essere scaricato e finire un giorno a processo. Una presidenza Dlamini-Zuma sarebbe un’assicurazione per il futuro. Con lei alla guida, Jacob è sicuro di avere un trattamento
Coppia di potere
agevolato, e un altro tappo a bloccare la giustizia. Diverso lo scenario se l’ex moglie dovesse perdere la sfida per il controllo dell’Anc con l’attuale vice presidente, l’ex sindacalista e oggi milionario signore delle miniere Cyril Ramaphosa. Madame Africa non ha brillato come guida del continente. E non brillerebbe sulla poltrona che fu di Mandela. Ma avere una donna al comando avrebbe un significato potente per un Paese al tappeto, quella Nazione Arcobaleno che ha bisogno di recuperare i colori del sogno.