Telefonini e app: così dieci anni fa ci è cambiata la vita (digitale)
Nove gennaio 2007, quartiere di Ruoholahti, Helsinki. Al centro ricerche dell’azienda che fabbrica i miglio- ri cellulari del pianeta, Nokia, uno dei capi ingegneri osserva sorpreso le reazioni a una notizia che arriva dall’altra parte del pianeta, San Francisco. A quella «cosa», pensa, manca tutto. «Non ha il 3G. Non ha il Gps. Non è nemmeno un telefono», scuote la testa. «È un computer che può fare chiamate». Tutta questa frenesia passerà presto, si dice. Questo iPhone è solo una moda.
L’anno che ha cambiato per sempre le nostre vite inizia così: con un generale fraintendimento. Il mondo stava mutando per sempre velocità: e tutti continuavamo a prendergli il tempo con delle clessidre. È servito un decennio, per capire il 2007. Un anno che John Naughton, sul Guardian, infila in un elenco accanto al 1789 della Rivoluzione francese, o il 1914 della Prima guerra mondiale. O che Thomas Friedman usa come testata d’angolo per la sua «guida ottimista all’Età delle accelerazioni».
L’elenco delle invenzioni apparse in un giro di calendario lascia sbalorditi. In novembre, Google diede vita a un sistema operativo per cellulari chiamato Android. Le recensioni furono tiepide: oggi è montato sull’88% dei telefonini in tutto il mondo. Pochi mesi prima, alla Ibm, il gruppo di ricerca che lavorava su Watson, un sistema di intelligenza artificiale, fu posto di fronte a un ultimatum: migliorare quell’aggeggio in 3 anni, o buttarlo a mare. Un anno dopo, Watson sconfiggeva i campioni (umani) di «Scarabeo».
In quella che sembrava solo una startup, si raggiunse il traguardo delle 100 mila pagine dedicate alle aziende, e si iniziò la caccia agli utili. Oggi Faportale cebook è usato da 1,8 miliardi di esseri umani, e vale 361 miliardi di dollari. Un altro social network, Twitter, aveva visto la luce in aprile. A novembre, un sito che si occupava di vendite online lanciò un aggeggio che permetteva di portarsi intere librerie in tasca: era l’Amazon Kindle. Un mese dopo, Brian Chesky e Joe Gebbia, due ragazzi che non potevano permettersi l’affitto a San Francisco, trasformarono il salotto in un bed and breakfast, e iniziarono a pensare a un