BREXIT, UN VIAGGIO RISCHIOSO ANCHE SE MAY RASSICURA
Theresa Forse prova a uscire dall’ambiguità: ma il risultato potrebbe dispiacere a molti. Qualche giorno fa l’Economist ha etichettato in copertina la premier britannica come Theresa Maybe (Forse), giocando sul suo cognome (May) e sulla mancanza di chiarezza riguardo al negoziato per la Brexit.
Entro marzo il governo di Londra ha promesso di attivare l’Articolo 50 dei Trattati comunitari, quello che regola il divorzio di un Paese dal resto della Ue, ma la posizione negoziale britannica resta avvolta nella nebbia. Ieri la premier è andata in televisione per mettere alcuni punti fermi: e cioè che il Regno Unito non ha intenzione di mantenere «pezzetti» di partecipazione alla Ue ma punta a sganciarsi del tutto dal mercato comune.
«Stiamo uscendo. Ce ne stiamo andando», ha scandito l’inquilina di Downing Street. Musica per le orecchie dei Brexiters puri e duri, che temono a ogni passo un annacquamento della volontà popolare; e sconforto per i residui eurofili, di fonte ai quali si materializza lo spettro di una «hard Brexit», ossia di un’uscita traumatica.
L’esternazione della May è stata anche una risposta alle dimissioni dell’ambasciatore a Bruxelles, che aveva lasciato il suo posto accusando il governo di «confusione». Ma Sir Ivan Rogers ha pagato anche il prezzo della verità, dicendo che ci vorranno almeno dieci anni per rinegoziare i rapporti fra Londra e l’Unione Europea.
Il problema è che l’Articolo 50 concede soltanto un biennio: quindi occorrerà pensare a un regime di transizione prima di approdare a una sistemazione definitiva. Ma non è detto che ci si riesca: quindi fra «hard» e «soft» Brexit si affaccia un terzo scenario: la «train crash» Brexit, il disastro ferroviario, con Londra che deraglia fuori dall’Europa senza paracadute. Il 2017 sarà per tutti un viaggio pericoloso.