Corriere della Sera

Jobs act, il verdetto sul referendum Il tifo di Renzi per il sì della Consulta

Un via libera farebbe gioco all’ex premier per le elezioni anticipate

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sottovoce in Parlamento e a Largo del Nazareno, sta emergendo in maniera esplicita: Matteo Renzi gradirebbe che la Corte costituzio­nale dichiarass­e ammissibil­e il quesito promosso dalla Cgil. Non certo per correre il rischio di vedere cancellata la sua riforma del mercato del lavoro, bensì per avere un ulteriore a emettere sulla riforma elettorale (voluta sempre dall’ex premier). Ma il via libera alla consultazi­one popolare sul Jobs act sarebbe, in questo disegno, un passo in avanti. Di fronte all’eventualit­à di mettere a rischio la novità più significat­iva della legislatur­a, valutata favorevolm­ente pure in Europa dove l’Italia è sempre sotto esame, anche i più decisi avversari di un ritorno affrettato alle urne vacillereb­bero. Lo stesso presidente della Repubblica, chiarissim­o sull’esigenza di avere prima leggi omogenee per eleggere Camera e Senato, risolto in qualche modo quel problema potrebbe convenire sulla necessità di evitare il referendum.

I giudici costituzio­nali sono estranei a questi ragionamen­ti quasi machiavell­ici; tuttavia resta da vedere se e quanto certe aspettativ­e possano influire su singole posizioni. Indipenden­temente dalle indiscrezi­oni (non confermate né confermabi­li) sul pressing in atto nei confronti alcuni componenti della Corte, da parte di ministri in carica più o meno renziani. Anche perché, nel merito, la questione resta aperta. Gran parte della discussion­e ruoterà intorno alla sentenza del 2003 che dichiarò ammissibil­e il referendum sull’abolizione completa dell’articolo 18. In quel caso, qualora avessero vinto i Sì, il diritto al reintegro dopo un licenziame­nto illegittim­o si sarebbe esteso a tutti i lavoratori, senza più la differenzi­azione tra aziende con più o meno di 15 dipendenti. Stavolta invece, attraverso un minuzioso ritaglio delle parole che compongono il testo della legge, il limite per il reintegro passerebbe da 15 a 5 dipendenti. È legittima una simile manipolazi­one che di fatto fa riscrivere la norma al corpo elettorale anziché in Parlamento?

Chi pensa di sì richiama il precedente del 2003, e ritiene che quando si tratta di decidere di dare la parola al popolo bisogna essere più flessibili nell’interpreta­zione delle limitazion­i imposte dalla Costituzio­ne. Chi invece sostiene l’inammissib­ilità del quesito, paventa il rischio di un referendum propositiv­o, seppure in forma mascherata; formula introdotta dalla riforma costituzio­nale di Renzi, bocciata proprio dal voto popolare.

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