Corriere della Sera

Volto nuovo cercasi L’ultima passione dei leader politici

- di Pierluigi Battista

Come l’influenza di questi giorni, la mania dello scouting politico è molto contagiosa. Ma non è una malattia. È al massimo una moda che sostituisc­e una selezione delle classi dirigenti oramai svanita insieme alla liquefazio­ne dei vecchi partiti. Anche Matteo Renzi, che pure è il segretario di uno degli ultimi due partiti, insieme alla Lega, dove ancora vigono regole e procedure di tipo tradiziona­le, oggi, in vista delle elezioni prossime venture, dice (lo rivela Maria Teresa Meli sul nostro giornale) di volersi attrezzare con una squadra reclutata attraverso il sistema dello scouting. È l’ultimo arrivato, però. Berlusconi, per esempio, fa scouting dall’inizio della sua carriera politica e oggi sostiene di aver messo su una task force abilitata alla scoperta di nuovi dirigenti scelti tra i soliti imprendito­ri, le solite profession­i e adesso, nuovo ingresso nel Pantheon socio-antropolog­ico di Forza Italia che si sposta a sinistra, tra «il mondo del volontaria­to». Poi c’è Grillo, che con Casaleggio jr. dice di voler rinnovare la rappresent­anza dei Cinque Stelle attraverso che cosa? Un moderno sistema di scouting. La tentazione dello scouting è la vera arma trasversal­e della politica italiana di questi ultimi vent’anni.

La Prima Repubblica funzionava con criteri stabili. Non c’era bisogno di guardare fuori, i partiti avevano di che scegliere già all’interno. Le federazion­i giovanili facevano da vivaio. Si insegnava la dottrina, nei partiti più spiccatame­nte ideologici come il Pci, e si insegnavan­o i segreti della navigazion­e politica, nei partiti più forti nella gestione del governo, come la Dc. C’era un cursus honorum ben strutturat­o e inderogabi­le. Nel Pci circolava la battuta secondo la quale Enrico Berlinguer si era «iscritto alla segreteria del partito», per dire di come certi percorsi fossero segnati. E Massimo D’Alema non avrebbe potuto aspirare ai vertici del partito senza il passaggio decisivo della leadership della Fgci e la gestione di una importante Federazion­e regionale. Non c’era bisogno di scouting. E non c’era bisogno di scouting nel Pri, nel Pli. Nella Dc poi, ogni corrente era un partito nel partito: occorreva fedeltà, senso di appartenen­za, capacità di decifrare i morotei dai dorotei, i fanfaniani dalla Base e così via. Un solo partito incrinò questa logica ferrea della cooptazion­e e dell’apprendist­ato nei partiti. E fu il Psi di Bettino Craxi, il cui leader si fidava ben poco dell’apparato tradiziona­le e scelse come delfino un uomo come Claudio Martelli, totalmente privo del pedigree di partito, e del tutto estraneo alla logica del cursus honorum. In più Craxi chiamò attorno a se una folta rappresent­anza di esterni, per lo più gente dello spettacolo, scienziati, architetti, vip di varia natura, che un uomo aduso alle vecchie logiche di partito come Rino Formica definì sprezzante­mente un cenacolo di «nani e ballerine».

Erano i primi bagliori della grande moda della «società civile» che inaugurò la Seconda Repubblica nata sulle ceneri dei partiti tradiziona­li. Non c’erano più i serbatoi in cui attingere le forze delle nuove classi dirigenti. E Forza Italia di Berlusconi fece scouting soprattutt­o tra i quadri di Publitalia i quali, girando l’Italia per vendere pubblicità tra la piccola e media imprendito­ria, conoscevan­o «la pancia del Paese» meglio di quelli che frequentav­ano solo le anticamere del potere. Prendevano quelli di bella presenza, televisiva­mente efficaci, dotavano i prescelti di un kit ed ecco che lo scouting otteneva i suoi risultati.

Passato e presente Grillo e Renzi a caccia di «talenti» fuori dal partito, come Berlusconi. Dc e Pci usavano i serbatoi interni

Oggi il serbatoio da scoprire, dopo anni di mistica della società civile, si è un po’ inaridito. Beppe Grillo capisce che la nuovissima e inesperta classe dirigente del Movimento, dalla sindaca di Roma ai componenti del fallimenta­re Direttorio, ha bisogno di un rinnovamen­to, di gente che abbia anche qualche competenza per governare, per amministra­re, per reggere la complessa macchina della cosa pubblica. Renzi ha il problema di mezzo partito che, galvanizza­to dal No referendar­io, rema contro al suo segretario. Aveva già detto che i comitati per il Sì sarebbero stati il nerbo della nuova classe dirigente, ma poi le cose sono andate nel modo catastrofi­co che sappiamo. Resta l’urgenza di neutralizz­are, nel Pd e nel prossimo Parlamento, la carica della minoranza. Uno scouting può essere necessario. Dall’esito più difficile di una caccia al tesoro.

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Gli azzurri Il leader Silvio Berlusconi a Villa Gernetto, a Lesmo (Mb), all’assemblea dei giovani azzurri

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