Volto nuovo cercasi L’ultima passione dei leader politici
Come l’influenza di questi giorni, la mania dello scouting politico è molto contagiosa. Ma non è una malattia. È al massimo una moda che sostituisce una selezione delle classi dirigenti oramai svanita insieme alla liquefazione dei vecchi partiti. Anche Matteo Renzi, che pure è il segretario di uno degli ultimi due partiti, insieme alla Lega, dove ancora vigono regole e procedure di tipo tradizionale, oggi, in vista delle elezioni prossime venture, dice (lo rivela Maria Teresa Meli sul nostro giornale) di volersi attrezzare con una squadra reclutata attraverso il sistema dello scouting. È l’ultimo arrivato, però. Berlusconi, per esempio, fa scouting dall’inizio della sua carriera politica e oggi sostiene di aver messo su una task force abilitata alla scoperta di nuovi dirigenti scelti tra i soliti imprenditori, le solite professioni e adesso, nuovo ingresso nel Pantheon socio-antropologico di Forza Italia che si sposta a sinistra, tra «il mondo del volontariato». Poi c’è Grillo, che con Casaleggio jr. dice di voler rinnovare la rappresentanza dei Cinque Stelle attraverso che cosa? Un moderno sistema di scouting. La tentazione dello scouting è la vera arma trasversale della politica italiana di questi ultimi vent’anni.
La Prima Repubblica funzionava con criteri stabili. Non c’era bisogno di guardare fuori, i partiti avevano di che scegliere già all’interno. Le federazioni giovanili facevano da vivaio. Si insegnava la dottrina, nei partiti più spiccatamente ideologici come il Pci, e si insegnavano i segreti della navigazione politica, nei partiti più forti nella gestione del governo, come la Dc. C’era un cursus honorum ben strutturato e inderogabile. Nel Pci circolava la battuta secondo la quale Enrico Berlinguer si era «iscritto alla segreteria del partito», per dire di come certi percorsi fossero segnati. E Massimo D’Alema non avrebbe potuto aspirare ai vertici del partito senza il passaggio decisivo della leadership della Fgci e la gestione di una importante Federazione regionale. Non c’era bisogno di scouting. E non c’era bisogno di scouting nel Pri, nel Pli. Nella Dc poi, ogni corrente era un partito nel partito: occorreva fedeltà, senso di appartenenza, capacità di decifrare i morotei dai dorotei, i fanfaniani dalla Base e così via. Un solo partito incrinò questa logica ferrea della cooptazione e dell’apprendistato nei partiti. E fu il Psi di Bettino Craxi, il cui leader si fidava ben poco dell’apparato tradizionale e scelse come delfino un uomo come Claudio Martelli, totalmente privo del pedigree di partito, e del tutto estraneo alla logica del cursus honorum. In più Craxi chiamò attorno a se una folta rappresentanza di esterni, per lo più gente dello spettacolo, scienziati, architetti, vip di varia natura, che un uomo aduso alle vecchie logiche di partito come Rino Formica definì sprezzantemente un cenacolo di «nani e ballerine».
Erano i primi bagliori della grande moda della «società civile» che inaugurò la Seconda Repubblica nata sulle ceneri dei partiti tradizionali. Non c’erano più i serbatoi in cui attingere le forze delle nuove classi dirigenti. E Forza Italia di Berlusconi fece scouting soprattutto tra i quadri di Publitalia i quali, girando l’Italia per vendere pubblicità tra la piccola e media imprenditoria, conoscevano «la pancia del Paese» meglio di quelli che frequentavano solo le anticamere del potere. Prendevano quelli di bella presenza, televisivamente efficaci, dotavano i prescelti di un kit ed ecco che lo scouting otteneva i suoi risultati.
Passato e presente Grillo e Renzi a caccia di «talenti» fuori dal partito, come Berlusconi. Dc e Pci usavano i serbatoi interni
Oggi il serbatoio da scoprire, dopo anni di mistica della società civile, si è un po’ inaridito. Beppe Grillo capisce che la nuovissima e inesperta classe dirigente del Movimento, dalla sindaca di Roma ai componenti del fallimentare Direttorio, ha bisogno di un rinnovamento, di gente che abbia anche qualche competenza per governare, per amministrare, per reggere la complessa macchina della cosa pubblica. Renzi ha il problema di mezzo partito che, galvanizzato dal No referendario, rema contro al suo segretario. Aveva già detto che i comitati per il Sì sarebbero stati il nerbo della nuova classe dirigente, ma poi le cose sono andate nel modo catastrofico che sappiamo. Resta l’urgenza di neutralizzare, nel Pd e nel prossimo Parlamento, la carica della minoranza. Uno scouting può essere necessario. Dall’esito più difficile di una caccia al tesoro.