Meningite, paure e risposte
I casi di Torino e Genova rilanciano l’allarme Ma gli esperti chiariscono: «Non c’è rischio epidemia Problemi solo in Toscana»
Domenica un giovane di 25 anni morto a Torino, ieri una bambina di 6 anni ricoverata a Genova. La meningite continua a colpire. Difficile, apparentemente, dar torto a chi continua la corsa al vaccino, nonostante le rassicurazioni del ministero della Salute. «Eppure l’epidemia di meningite
non esiste» conferma Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie infettive all’Istituto Superiore di Sanità. «La diffusione della malattia è del tutto sovrapponibile a quella degli ultimi anni».
Non in Toscana però. «È vero» chiarisce Rezza, «in una parte della Toscana dal 2015 circola un ceppo molto virulento di meningococco C che rappresenta un fenomeno allarmante. Ma nel resto del Paese non c’è nessuna emergenza. L’attenzione dei media è molto aumentata dopo il secondo caso letale che ha riguardato una ragazza all’Università di Milano. Un evento drammatico, ma non dovuto al ceppo presente in Toscana. E la profilassi, istituita prontamente, ha riportato la situazione sotto controllo».
Quindi non ha proprio senso vaccinarsi contro la meningite se non si vive in Toscana? «Vaccinarsi ha sempre senso» risponde l’esperto, «ma, con l’eccezione della Toscana, la vaccinazione è raccomandata a bambini e adolescenti. Degli altri chi vuole lo può fare con calma, perché non c’è nessuna emergenza». E se si va in vacanza per qualche giorno in Toscana? «Si corre un rischio minimo rispetto a chi vi risiede». Nel caso, comunque, bisognerebbe vaccinarsi soltanto contro il meningococco C o anche il B? «Comunque solo per il C» puntualizza l’esperto. «Ai rischi legati al meningococco B sono esposti i bambini nei primi anni di vita, poi il pericolo si riduce notevolmente».
Sì, però abbiamo parlato solo di meningococco Ce B. E gli altri batteri che causano meningite? Sono diventati improvvisamente così poco temibili? «I batteri più importanti per la meningite sono tre: Meningococco (Neisseria meningitidis), Haemophilus influentiae e Pneumococco (Streptococcus pneumoniae). Ciascuno di loro può avere ceppi diversi, più o meno “cattivi”» spiega Rezza. «Però le meningiti da Haemophilus sono abbastanza ben controllate perché i bambini da tempo si vaccinano nei primi anni di vita. Ci sono casi fra gli anziani e infatti con il prossimo piano vaccinale l’immunizzazione sarà offerta anche a chi ha più di 65 anni. Per quanto riguarda lo pneumococco, l’infezione è relativamente comune, ed è utile vaccinarsi, ma uno pneumococco non comporta sempre una meningite: può procurare anche una polmonite oppure un’otite ricorrente. Infezioni che possono essere anche gravi ma sono una cosa ben diversa dalla meningite. Il livello di contagiosità in senso stretto per questi due batteri è relativo, quindi, perché si possono trasmettere con una certa facilità ma non con altrettanta facilità provocano la meningite. Tant’è vero che in questi casi non si attua di solito la profilassi antibiotica per chi vive con chi si è ammalato».
Invece «prendere» il meningococco porta sempre diritti alla meningite? «Assolutamente no. È possibile anche eliminarlo senza che accada nulla. Ovviamente dipende da diverse variabili, fra cui la virulenza, cioè l’aggressività del ceppo, oppure lo stato di salute generale della persona infettata. Fra l’altro il meningococco è un batterio “fragile”, che non sopravvive a lungo nell’ambiente esterno. La trasmissione avviene con contatti molto ravvicinati, al di sotto del metro di distanza per capirsi,
Prevenzione «Il vaccino ha sempre senso, ma viene raccomandato solo per bimbi e adolescenti» Il batterio «Il meningococco è un batterio fragile che non sopravvive a lungo nell’ambiente esterno»
con baci, abbracci, scambio di bicchieri. Per questo i luoghi più a rischio sono scuole, locali, discoteche».
E i casi come quelli dell’insegnante di Roma che è mancata per una meningite da Escherichia coli? «Un caso raro e non contagioso — precisa Rezza —, ce ne possono essere ma non hanno nulla a che fare con un rischio di epidemia».