Scandalo diesel, i vertici sapevano due mesi prima
Accusa dirette dell’Fbi al «management esecutivo» della Volkswagen: sarebbe stato informato da suoi alti dirigenti americani già nel luglio 2015 dell’imbroglio in corso sulle false emissioni di scarico e avrebbe deciso di non denunciarlo alle autorità. L’azienda tedesca fu costretta a farlo, su iniziativa delle agenzie di controllo degli Stati Uniti più di un mese dopo, nel settembre.
Ieri si è anche tenuta un’udienza contro Oliver Schmidt, che era il general manager della Volkswagen responsabile dell’ufficio ambientale e ingegneristico in Michigan. Arrestato sabato scorso in Florida, è accusato di frode e di cospirazione nella mancata denuncia del meccanismo che consentiva ai motori diesel del gruppo di fare apparire emissioni fino a 40 volte più basse in laboratorio rispetto alla realtà.
L’Fbi ha fatto sapere che verso la fine del luglio 2015 Schmidt e altri dipendenti occupati in America dalla casa automobilistica avevano informato il management esecutivo di Wolfsburg della «esistenza, finalità e caratteristiche» del congegno fraudolento. Durante una riunione in Germania i vertici del gruppo discussero anche la possibilità che l’imbroglio venisse alla luce e che l’azienda fosse messa sotto accusa: ciò nonostante, decisero di continuare a tenere nascosta la situazione. «Nella presentazione – dice l’Fbi – i dipendenti della Vw assicurarono il management esecutivo che i regolatori americani non erano a conoscenza del dispositivo ingannevole. Invece di decidere per la rivelazione del dispositivo alle autorità Usa, il management esecutivo della Vw autorizzava la continuazione del suo occultamento». L’Fbi parla di comportamento ingannevole deliberato: ciò nonostante non ha avanzato accuse di reati criminali contro la Volkswagen.
Molti membri del top management della casa tedesca sono già stati allontanati, sull’onda dello scandalo, a cominciare dall’ex numero uno operativo Martin Winterkorn. Ciò nonostante, le accuse avanzate ieri e l’iniziativa giudiziaria in corso sono un nuovo colpo alla reputazione del gruppo, che 15 mesi dopo lo scandalo fatica a presentarsi, soprattutto negli Stati Uniti, come un’azienda che ha cambiato radicalmente modi di operare. Nei prossimi giorni, tra l’altro, è atteso l’accordo tra la Volkswagen e il Dipartimento alla Giustizia americano sulla base del quale i tedeschi dovrebbero essere multati per circa tre miliardi di dollari. Per fare fronte a multe, ricorsi dei dealer e azioni giudiziarie dei clienti, il gruppo di Wolfsburg ha messo a bilancio riserve per quasi 19 miliardi di dollari. In più, ha chiuso il progetto diesel in America, sul quale aveva puntato pesantemente negli anni passati per penetrare il mercato Usa, progetto che è all’origine dell’imbroglio sui test per i gas di scarico.