Fede nei giovani e nella possibilità di una «terza via»
Zygmunt Bauman era uno degli ultimi eredi della «teoria critica» novecentesca. Traendo spunti da diverse scienze sociali, lo studioso ebreopolacco (poi diventato cittadino britannico) ha esplorato alcuni passaggi cruciali dello sviluppo europeo, disvelandone con acutezza le logiche sottostanti. Il suo nome è legato alla metafora della «modernità liquida», la fase storica in cui oggi ci troviamo. Dal Seicento in poi, in Europa ha prevalso una logica di controllo pervasivo della natura e della società. Il mondo della vita individuale era stato compresso in schemi sempre più ordinati e «solidi». Guadagnando in sicurezza e prevedibilità, ma perdendo in autonomia e libertà.
Nell’ultimo sessantennio il ciclo si è invertito. Benessere e consumi hanno destabilizzato il vecchio ordine e creato nuove libertà ma anche alimentato una mentalità «eudemonistica», basata sulla rincorsa di piaceri effimeri. Se, durante la modernità solida, la sicurezza senza libertà stava conducendo a una nuova schiavitù, la libertà senza certezze della modernità «liquida» può invece portare a un indecifrabile caos.
La globalizzazione ha accentuato questo rischio. Al quale molti gruppi sociali possono rispondere con richieste di nuove protezioni e chiusure. C’è una terza strada da seguire? Lo studioso polacco non era pessimista. Ma ha sempre ripetuto che per raggiungere un nuovo equilibrio ci vorrà molto tempo. I giovani di oggi saranno i protagonisti di questa transizione. Ma dovrebbero prendere di petto la sfida dell’incertezza e rinunciare all’illusione che la vita possa essere una sequenza continua di «piaceri e regali». Con garbo e umanità, Baumann ha ispirato il suo personale viaggio come uomo all’insegna del famoso motto di Goethe: la felicità consiste nel superare, giorno dopo giorno, l’infelicità.