Nervi d’acciaio
Le inseguitrici della Juventus imparano dai campioni l’importanza di vincere, anche in extremis, le partite «sporche»
Hanno faticato e hanno tremato, ma hanno avuto nervi d’acciaio e un perfetto senso del tempo. È la lezione della prima giornata del 2017: essere belli è bello, ma se non ci si riesce allora si vinca da brutti, sporchi, cattivi, e magari in extremis. Anche perché la regina dell’innata abilità a trasformarsi secondo il bisogno — la Juventus — non si ferma mai, e dunque a questo punto per le inseguitrici tutto vale.
Ricapitolando. Sabato il Napoli batte la Samp 2-1 al 95’ grazie alla zampata dell’esordiente Tonelli. Domenica — escluse le passeggiate di Juve e Atalanta — la Lazio vince 1-0 con un gol di Immobile al 92’ sul Crotone che non avrebbe demeritato il pareggio; all’88’ Bacca coglie l’1-0 per il Milan sul Cagliari: i rossoneri non sono stati così brutti, ma la fatica è stata tanta; all’87’ l’Inter la sfanga con Perisic a Udine, stabilendo un record: i 12 punti recuperati da svantaggio sono almeno 3 più di ogni altra squadra in serie A.
Ma non è solo questione di ultimi minuti. La Roma infatti ha vinto a Genova grazie a un autogol di Izzo al 36’ del primo tempo e il suo miglior giocatore è risultato il portiere Szczesny, la cui magnifica parata al 92’ su una girata capolavoro di Ocampos ha fatto dire a Spalletti che si tratta di un «portiere trequartista», imprevedibile e decisivo come un numero 10 Doc. Il tecnico giallorosso ha raccontato poi di una Roma «cazzutissima» capace di vincere una «partita sporca». Variabili colorite di temi conosciuti: quando le partite si complicano per la nota capacità delle squadre anche medie e piccole di incartare tatticamente le grandi, occorrono carattere e l’abilità di restare aggrappati al match, sapendo che alla fine la superiore qualità tecnica può diventare decisiva. E non c’è alcuna differenza se l’eroe è un super portiere, un attaccante dal rendimento garantito o un difensore in libera uscita.
L’errore più grave sarebbe ritenere tutto questo casuale, perché non lo è. Secondo i dati Opta, i gol segnati negli ultimi 15 minuti stanno infatti aumentando e quella attuale in serie A (124 reti su 518 totali, pari al 24%) è la percentuale più alta degli ultimi cinque anni. Nella classifica dei gol segnati nell’ultimo quarto d’ora comandano — anche qui non a caso — la Roma e l’Inter con 10 davanti a Torino con 9, Lazio e Samp con 8, Milan, Napoli, Atalanta e Chievo con 7. Ci sono tutte le inseguitrici della Juventus. E se gli Allegri’s ne hanno segnati appena 5 è soltanto perché la loro superiorità si manifesta di solito molto prima che nei finali. Nella effimera classifica dei primi tempi poi (guidata dal Napoli con 35 punti davanti a Juve e Roma con 33) il Crotone, ultimo in quella reale con 9 punti, è settimo con 27, mentre l’Inter, appunto regina delle rimonte, è undicesima con 24. È la conferma di un dato intuitivo: più si avvicina la fine del match più emergono le capacità atletiche e quelle tecniche. Una costante che determina anche i piani partita dei tecnici delle grandi. L’esempio dell’Inter a Udine — condito ovviamente anche da una fondamentale dose di fortuna (il palo di De Paul sullo 0-1) — è significativo: senz’altro Pioli si attendeva il calo fisico dell’Udinese, sul quale i nerazzurri hanno costruito la risalita vincente.
Ma la tendenza più eclatante è quella mostrata dal Napoli. Il colpo di sabato con la Samp completa infatti quello di Firenze nell’ultima gara del 2016, quando Gabbiadini ha acchiappato il 3-3 su rigore sempre al 95’. Tre punti presi per i capelli in due partite sono un segnale forte, soprattutto se l’operazione arriva da quella che molti ritengono la squadra più bella d’Italia e addirittura una delle più belle d’Europa. Ma, se l’estetica conta, l’utile è meglio e non importa quando. Sarri e tutti gli avversari della Juve sembrano averlo capito, come ha detto De Rossi a Marassi: «C’era da mettersi gli scarponi da lavoro...». Forse è una svolta. Se poi basterà per battere i campioni è un’altra storia.
La metamorfosi dei belli De Rossi: «A volte servono gli scarponi da lavoro...»