«Procure ostaggio dei privati»
Riunione al ministero: server statali e tecnici interni per tornare a un sistema «pubblico»
«Siamo ostaggi dei fornitori privati». Così i capi delle Procure durante una riunione al ministero della Giustizia sulle intercettazioni.
articoli del Corriere della Sera e la vicenda di Area, i pm della Procura di Napoli spiegano infatti di aver chiesto ai propri fornitori di dichiarare se essi accedano da remoto per la manutenzione e se, nel farlo, accedano ai dati relativi alle intercettazioni: e «alcune aziende — informa Borrelli le altre Procure, tutte presenti il 14 dicembre alla riunione tranne Trento, Milano, Perugia e Potenza — hanno confermato di agire in questo modo».
Modo vietato, perché i dati delle intercettazioni devono risiedere solo sui server collocati in Procura. E, soprattutto, modo sinora sempre smentito come tecnicamente impossibile. Adesso invece è talmente «comprovato» che il procuratore romano Giuseppe Pignatone spiega che il proprio ufficio ha studiato come contromisura «un apposito firewall», proposta che il ministero accoglie «con favore». Il rappresentante della Procura Nazionale Antimafia, Giovanni Russo, rimarca che «solo in Italia le intercettazioni sono affidate a imprese private», e anche il componente del Csm, Francesco Cananzi, ritiene che «il settore deve recuperare una connotazione pubblicistica». Il procuratore di Torino, Armando Spataro, addita (come il delegato bolognese Enrico Cieri) l’assenza di un albo dei fornitori selezionati per trasparenza e affidabilità, nonché di quel repertorio di prestazioni tecniche pur previsto dal Codice delle Comunicazioni del 2003. Il suo collega di Catanzaro, Nicola Gratteri, racconta di aver scelto di attribuire nella gara pubblica il 30% di punteggio all’offerta economica delle ditte e il 70% alla qualità del servizio, griglia che ha portato a escludere 40 aziende e a selezionarne 4 per evitare i rischi della concentrazione in un solo fornitore.
Ma non è solo una riunione di allarmi. Dal ministero arrivano
Il governo