Corriere della Sera

Il genio schivo che scalò la finanza con un algoritmo

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amico Ubaldo Livolsi, debutta nei salotti che contano. Arriva molto in alto inventando un algoritmo per costruire prodotti finanziari derivati che vendeva a banche americane.

Il mondo della finanza romana lo ricorda così, ai suoi esordi, agli inizi del Duemila, mentre cercava contatti con Montepasch­i che poi trovò. Fa da procacciat­ore di affari e muove contratti e grandi somme di denaro. Una folta barba, che all’epoca gli dava un tocco anticonfor­mista e un volto genialoide. Cene in ristoranti alla moda, feste sulla terrazza dell’Eden, belle signore e auto scintillan­ti. Un atteggiame­nto, però, che negli ultimi tempi aveva perso. L’inchiesta lo ha

Il modello

colto in una vita quasi monacale. Schivo e chiuso con gli altri. In continuo contatto con sua madre.

L’inizio dell’ascesa è roboante. E la polizia postale cerca di individuar­e quanta della sua continua attività di dossieragg­io sia servita ai singoli affari. Certo è che gran parte della sua attività quotidiana viene dedicata alla massoneria. E anche alla politica interna alle Diceva: «Voglio essere il Licio Gelli del futuro» Venne condannato per bancarotta logge. Molto conosciuto, ha successo e comincia una scalata che lo avrebbe portato a credere di poter ambire a diventare un «grande burattinai­o». Un nuovo Licio Gelli in chiave Nerd.

Prima si fa largo nella loggia «Paolo Ungari - Nicola Ricciotti. Pensiero e azione di Roma». Fino a diventare maestro venerabile del Grande Oriente d’Italia. E nelle carte dell’inchiesta c’è il sospetto che aspirasse a diventare Gran Maestro. Il sodalizio con la sorella Francesca Maria è solido. Lei è l’anima commercial­e e social, lui la mente. Arrivano a fare da consulenti al governo Usa in un’operazione per la costruzion­e di infrastrut­ture nel porto di Taranto.

Poi il tonfo. Una condanna a tre anni per bancarotta fraudolent­a a giugno scorso lo mette nei guai. A quel punto prova a cercare altri lavori e destinazio­ni. I contatti con la madre si fanno ancora più intensi. Finché la sorella interviene: «Giulio, ti prego di non coinvolger­e mamma nei nostri problemi, mi sembra lo sia già abbastanza e che ci stia aiutando più del dovuto».

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