Ora Casaleggio è nel mirino dei parlamentari
Lo stratega dell’operazione Bruxelles (e i suoi uomini) al centro delle critiche che perlopiù salvano «Beppe» «Preparato un accordo schifoso sulle nostre teste». Post sull’establishment, il fondatore bacchetta Sibilia
«Io me ne andrei anche, ma chi li paga i 250 mila euro di penale?». L’eurodeputato esprime quel miscuglio di delusione mista a rassegnazione che ha colto molti 5 Stelle, non solo a Bruxelles. E che ha il corollario sgradevole di una multa salata in caso di violazione del contratto di fedeltà — sul modello di quanto accade a Roma — firmato dai «portavoce» dei 5 Stelle. Una figuraccia in eurovisione, quella della bocciatura del gruppo Alde e del ritorno nell’ovile Ukip, per la quale è già partita la caccia al colpevole.
Il primo a farne le spese potrebbe essere un oscuro collaboratore di David Borrelli, l’europarlamentare che ha guidato le trattative: l’«advisor» Francesco Calazzo. La sua testa è stata chiesta esplicitamente dall’Ukip, con una condizione decisamente umiliante per i 5 Stelle. Meno grave la punizione per Borrelli, che perderà la copresidenza del Efdd. Ma in cima a tutti, il nome fatto da molti è quello di Davide Casaleggio. È stato lui a ispirare la trattativa, lui a guidare Borrelli, prima dell’improvvisa retromarcia dell’Alde.
Alla vera prima prova da leader, il figlio di Gianroberto ne è uscito con le ossa rotte. Provocando più di un mugugno non soltanto nei peones, ma anche nel suo compagno d’avventura: Beppe Grillo. Il
«Binizialmente non sarebbe stato favorevole all’ipotesi di lasciare Farage. Di fronte alle considerazioni di Casaleggio, Grillo si sarebbe piegato, finendo per sposare una soluzione che gli veniva prospettata come sicura e favorevole. E finendo per sostenerla.
Così non è stato e Grillo, come da copione, si è assunto, insieme a Casaleggio, le responsabilità di quanto avvenuto. Non nascondendo le crigruppo ruxelles pensava fosse una bella barzelletta. E invece è piuttosto una farsa all’italiana»: questo l’incipit di un articolo che il quotidiano francese Le Figaro ha dedicato al caso M5S-Alde. «Beppe Grillo, il comico che fa tremare Roma con il suo tiche interne, per una volta. C’è un passaggio da notare, nel suo post: «Dispiace per quei pochi portavoce che hanno parlato di “cercare di entrare nell’establishment”». Facile capire a chi si riferisce. Basta leggere il post di Carlo Sibilia, già membro del defunto direttorio, che scriveva: «Cercare di entrare nell’establishment sarebbe incoerente, oltre che stupido». Salvo poi, dopo lo stop dell’Alde, cancellare il post, sostituendolo con questo: «Avevo scritto un post di “arrivederci” a Farage. L’ho cancellato».
Sibilia non è stato l’unico a contestare le scelte di Casaleggio e Borrelli. Michele Dall’Orco usa la stessa parola contestata da Grillo: «Confido che questa storia serva per il futuro: mai fidarsi dell’establishment». Il disorientamento è palese. Scrive Giuseppe Brescia: «Con Ukip condividevamo poche cose (quasi nulla) e infatti io mi sono sempre detquale to contrario. Giusto quindi staccarsi. Ma cosa condividiamo con Alde?». Nulla, o quasi. Marta Grande conferma: «Non ho votato al referendum. Sono sempre stata contraria a Farage, ma anche Alde mi sembra che non c’entri nulla».
Il più duro di tutti è un europarlamentare romano, Dario Tamburrano: «Hanno preparato un accordo schifoso sulla testa della maggioranza di noi portavoce europei facendo piombare una domenica mattina, una votazione farlocca, prendendo per i fondelli noi, decine di migliaia di iscritti, milioni di elettori e lo stesso Beppe Grillo. Chi crede ad altro, o è in cattiva fede o è semplicemente un webete». Neologismo a parte, nell’elenco di Tamburrano di chi sarebbe stato preso in giro non risulta un nome: Davide Casaleggio.