La marcia delle donne: unite contro Trump divise dai temi razziali
Le donne americane in marcia contro Donald Trump. Appuntamento sabato 21 gennaio a Washington, il giorno dopo il giuramento del neo presidente. Ma, un po’ a sorpresa, in questi giorni le organizzatrici si trovano investite da un’intensa polemica. Sulla rete molte attiviste afroamericane e di origine latina rimproverano «le bianche» di aver sottovalutato, nel corso dell’ultima campagna elettorale, i temi razziali e le discriminazioni sociali. La tesi è quella di una corrente del femminismo definita «intersectionality»: le donne delle minoranze devono fronteggiare più penalizzazioni, dal colore della pelle alle maggiori difficoltà di accesso all’educazione, alle cure sanitarie.
Eppure la manifestazione di sabato nasce proprio dal web. Come scrive il New York Times la prima idea è partita da Bob Bland, una «fashion designer» di New York. Il 10 novembre, dopo le elezioni, ha lanciato l’iniziativa sulla sua pagina di Facebook, raccogliendo, nel giro di poche ore, 3 mila adesioni. Fioriscono altri appelli e soprattutto l’invito a costituire un comitato organizzatore che includa anche i rappresentanti delle minoranze. E’ esattamente quello che è accaduto. La guida è affidata a un gruppo di quattro persone: la bianca Bob Bland; Tamika Mallory, avvocata afroamericana specializzata sul tema dei controlli sulle armi; Linda Sansour, direttrice dell’Associazione arabo-americana di New York; Carmen Perez, latinoamericana, direttrice di «The gathering for Justice», Mettersi insieme per la giustizia, associazione fondata dal cantante Harry Belafonte.
La formula multietnica non ha però chiuso il dibattito su femminismo e questione razziale. Abbiamo chiesto un’opinione alla scrittrice Erica Jong, conosciuta in tutto il mondo per i suoi libri («Paura di volare», 1973) e per il suo impegno a sostegno delle pari opportunità. Risponde al telefono dalla sua casa nell’East side di New York: «Quando si crea un movimento è normale che ci siano delle differenze di opinione: sarebbe un grande errore preoccuparsi per questo. Penso che le attiviste afroamericane e di origine latina abbiano ragione. Dobbiamo tutti riconoscere che possano avere più problemi delle altre. Forse il femminismo si è mosso in maniera troppo lenta su questo aspetto. Ma adesso è necessario concentrare l’attenzione su Donald Trump, un uomo che non sarebbe dovuto diventare presidente». Su un punto Erica Jong dissente: «Non capisco perché si debba aspettare il 21 gennaio. Queste manifestazioni andavano organizzate prima delle elezioni: occorreva una mobilitazione massiccia per spiegare che Trump è il burattino di Vladimir Putin e che quindi non può entrare alla Casa Bianca. A questo punto la marcia andrebbe fatta subito, prima dell’inaugurazione». Nei prossimi giorni il «comitato delle quattro» lavorerà per compattare il fronte.